Jan Steen (1660), "Nella lussuria, fa' attenzione", Kunsthistorisches Museum di Vienna, pubblico dominio

1. La vita

Baruch (in portoghese Bento, in latino Benedictus) Spinoza nacque il 24 novembre 1632 ad Amsterdam, dove la sua famiglia di ebrei sefarditi portoghesi era stata costretta a rifugiarsi per sfuggire alle persecuzioni anti-ebraiche. Il padre Michael era un commerciante; rimase orfano della madre Hanna Debora all'età di sei anni.  Dopo la morte del padre, a soli ventun anni si trovò a gestire l'impresa mercantile di famiglia, che si trovava in forti difficoltà, continuando al contempo gli studi che aveva avviato presso la locale scuola ebraica. Dopo aver conosciuto Frans van den Enden* decise di entrare nella sua scuola di latino, ricevendone una influenza decisiva. 

Maturava intanto il suo pensiero, che lo portò verso posizioni sempre più lontane da quelle dell'ebraismo. Il 27 luglio 1656 fu scomunicato dal consiglio della sinagoga di Amsterdam, con un testo durissimo [T1]. Costretto a lasciare Amsterdam, si trasferì prima a Rijnsburg, nei pressi di Leyda, e poi a l'Aia. Fino alla morte visse in stanze prese d'affitto, in condizioni di serena povertà, mantenendosi con il suo lavoro di intagliatore di lenti. Rifiutò una cattedra universitaria offertagli dall'Università di Heidelgerg.

Ritratto di Spinoza di autore sconosciuto. Biblioteca del Duca Augusto,Wolfenbüttel. Pubblico dominio.

Nel 1672 la Francia invase i Paesi Bassi. Il Gran Pensionario d'Olanda, Johan de Witt, fu deposto ed accusato di cospirazione contro la famiglia Orange-Nassau. I due fratelli Johan e Cornelis de Witt furono linciati e squartati dalla folla. Spinoza, che era vicino a Johan de Witt, maturò il proposito di apporre una lapide con la scritta "Ultimi barbarorum"  (gli ultimi barbari) nel luogo del linciaggio, ma fu dissuaso dal suo padrone di casa.

Morì nel 1677 a causa di una tubercolosi probabilmente aggravata dal suo lavoro di intagliatore di lenti.

Frans van den Enden (1602-1674) è stato un mercante d'arte, libraio e pensatore politico olandese. Accusato di ateismo, nei suoi scritti propugnò ideali democratici ed egualitari, per i quali è considerato da alcuni studiosi come un precursore dell'Illuminismo. Fu impiccato nel 1674 per aver aderito a una congiura per uccidere re Luigi XIV di Francia.

2. Le opere

La fama di Spinoza è legata all'Ethica more geometrico demonstrata (Etica dimostrata in modo geometrico), cui aveva iniziato a lavorare pochi anni dopo la scomunica, e che tuttavia venne pubblicata solo lo stesso anno della sua morte. In vita Spinoza pubblicò solo i Principi della filosofia di Cartesio, con in appendice i Pensieri metafisici (1663) e il Tractatus theologico-politicus (Trattato teologico-politico), uscito anonimo nel 1670 e che presto suscitò enorme scandalo sia presso i protestanti che presso i cattolici. "Un libro forgiato all'Inferno dall'ebreo apostata Spinoza, a quattro mani con il Diavolo, e pubblicato con la consapevolezza e la connivenza di De Witt", si legge nella annotazione di un anonimo in un catalogo dei libri appartenuti a Jan De Witt. Nell'anno della sua morte viene pubblicata una raccolta di opere che include il Tractatus de intellectus emendatione (Trattato sull'emendazione dell'intelletto), cui Spinoza ha cominciato a lavorare nel 1622 e che ha lasciato incompleto, il Breve trattato su Dio, l'uomo e il suo bene, anch'esso incompleto, e l'Etica. Importante per la conoscenza del suo pensiero è anche l'Epistolario.

3. L'uomo e la filosofia

Fisicamente ben proporzionato, dalla carnagione scura, i capelli lunghi e ricci, i modi gentili e riservati, Spinoza colpiva coloro che entravano in contatto con lui per il contrasto tra una intelligenza tagliente e un pensiero rivoluzionario e un modo di essere semplice e riservato. Quello che i suoi contemporanei considerarono come il più pericoloso nemico della fede e dell'ordine costituito, un uomo che alla condizione di ebreo scomunicato univa l'ateismo e il materialismo, visse una vita che faceva pensare agli antichi filosofi stoici, che con il tempo farà di lui l'esempio per eccellenza di ateo virtuoso

Come per i filosofi antichi, la filosofia per Spinoza non era questione di teoria e di visione del mondo. Ciò di cui era alla ricerca era un sistema di vita, una verità sul mondo che consenta anche una profonda trasformazione del nostro modo di essere e di vivere.

Il fine della sua filosofia è spiegato all'inzio del Trattato sull'emendazione dell'intellettotrovare la felicità [T2]. Ma non una felicità passeggera, legata ai beni esteriori. Una felicità solida, inattaccabile, sempre disponibile. Per raggiungere questa felicità occorre agire non sul mondo, cambiandolo per adeguarlo ai nostri scopi, ma sul nostro modo di vedere il mondo. È solo in seguito a questa diversa visione che possiamo liberarci dalla schiavitù delle nostre passioni e diventare liberi.

Il pensiero di Spinoza prende le mosse da quello di Cartesio. Il filosofo francese era giunto a una metafisica dualistica, che separava anima e corpo, res cogitans res extensa, e ne Le passioni dell'anima (scritta ad Amsterdam nel 1649, pochi mesi prima della morte) aveva tentato una analisi e una tassonomia delle nostre passioni. Spinoza mira a una analisi esatta delle passioni, ma soprattutto alla liberazione dalla schiavitù che esse ci impongono e che causa sofferenza e ingelicità. Una liberazione che è possibile cogliendo la profonda unità del mondo.

4. Dall'ontologia all'etica

Come accennato, l'opera fondamentale di Spinoza è l'Ethica more geometrico demonstrata. Come anticipa il sottotitolo, il testo ha la caratteristica di presentare gli argomenti filosofici prendendo a modello un trattato geometrico. Spinoza presenta dunque prima le definizioni, poi gli assiomi, quindi le proposizioni con le loro dimostrazioni e gli scolii, annotazioni marginali che sono importantissime per comprendere il pensiero spinoziano.

L'opera di sviluppa in cinque parti. Nella prima il filosofo tratta di Dio, nella seconda della natura della mente, nella terza della "origine e natura degli affetti", nella quarta della "schiavitù umana, ossia le forze degli affetti" e nella quinta ed ultima della "potenza dell'intelletto, ossia la libertà umana". Il discorso di Spinoza parte dunque dall'ontologia, passa poi all'antropologia per concludersi con l'etica. Tutte le parti costituiscono un discorso unitario: è possibile condurre la vita più alta - oggetto dell'etica - solo avendo una conoscenza adeguata dell'essere.

5. Dio, ossia la sostanza

Il discorso di Spinoza parte dunque dalle definizioni di sostanzamodi attributi [T3]Sostanza è causa di sé, e ciò la cui  essenza implica l'esistenza; attributo è "ciò che l’intelletto percepisce della sostanza come costituente la sua essenza", mentre modi sono "le affezioni della sostanza, ossia ciò che è in altro, per il cui mezzo è pure concepito". Dio è "un ente assolutamente infinito, cioè, una sostanza costituita da un’infinità d’attributi, ciascuno dei quali esprime un’essenza eterna ed infinita". La definizione 2 inoltre afferma che "Si dice finita nel suo genere quella cosa che può essere limitata da un’altra della medesima natura"; un corpo può essere limitato da un altro corpo, ma non dal pensiero (Etica, I, definizioni, TO, p. 1147).

Se sostanza è ciò la cui essenza implica l'esistenza, essa non può essere nessuno degli enti del mondo. Sostanza può essere soltanto Dio; e in effetti in Spinoza Dio e la sostanza sono la stessa cosa. Questa sostanza, che è unica, è anche infinita, e la sua infinità consiste in una infinita manifestazione di attributi, ossia di sue caratteristiche. La nostra mente è in grado di conoscere solo due di questi attributi, che sono le due sostanze di cui parlava Cartesio: il pensiero e l'estensione. Questi attributi sono a loro volta infiniti, esattamente come infinita è la sostanza; la differenza è che essi sono infiniti nel loro genere (come materia e come pensiero). Gli enti reali sono invece modificazioni finite degli attributi: i singoli corpi sono modi dell'estensione, così come i singoli pensieri sono modi del pensiero.

Vediamo le conseguenze. Se Dio è sostanza, allora "Tutto ciò che è, è in Dio, e senza Dio nessuna cosa può essere né essere concepita" (proposizione 15). È il panteismo spinoziano, che tanto scandalo suscitò all'epoca e che tanto profondamente ha influenzato in pensiero successivo. Per essere precisi, Dio non coincide con l'universo che conosciamo, poiché noi siamo in grado di afferrare solo due attributi divini, il pensiero e la materia; c'è dunque un Dio al di là di ciò che conosciamo, che è per noi inconoscibile. Questo vuol dire, intanto, che tutte le concezioni antropomorfe di Dio sono inadeguate, così come è errato ritenere che Dio governi il mondo dall'esterno. Il Dio-sostanza spinoziano è causa immanente, e non transitiva (cioè: che crea qualcosa che è al di fuori di sé) del mondo (proposizione 18).

Il mondo non è solo in Dio, ma deriva da Dio in modo necessario. Da Dio si sviluppano infinite cose, ma tutte secondo una ferrea necessità.  "Le cose - afferma la proposizione 33 - non hanno potuto essere prodotte da Dio in nessun’altra maniera né in nessun altro ordine se non nella maniera e nell’ordine in cui sono state prodotte" (TO, p. 1199). Il mondo è esattamente come dev'essere, ogni singolo accadimento è l'esito di una concatenazione necessaria di eventi, e questo vale anche per noi e per i nostri pensieri.

Dal momento che tutto ciò che è, è in Dio e partecipa della sua natura, se fosse diverso sarebbe diversa anche la natura di Dio, e dunque dovrebbe esistere più di un Dio-sostanza. Poiché Dio non è un essere antropomorfo, nel suo agire non c'è alcuna traccia di finalismo, nessuna particolare preoccupazione per l'essere umano né la scelta di alcun popolo eletto.

6. Determinismo e libero arbitrio

Il dualismo cartesiano poneva un problema di non facile soluzione: se anima e corpo, res cogitans e res extensa, sono due sostanze radicalemente diverse, in che modo l'una può influire sull'altra? In che modo, ad esempio, possiamo decidere di muovere un braccio? La soluzione di Cartesio, che ricorreva alla ghiandola pineale quale punto di incontro tra corpo ed anima, non appariva molto convincente. Il monismo di Spinoza consente una soluzione filosoficamente più elegante. Se 1) esiste una sola sostanza, di cui mente e corpo non sono che attributi, e 2) la manifestazione di questa sostanza è assolutamente necessaria, allora 3) tutti i pensieri della mente e tutte le azioni del corpo non sono che manifestazioni parallele della stessa sostanza. In concreto, quando muoviamo un braccio, la nostra decisione (atto mentale) di muovere il braccio e il movimento stesso sono due manifestazioni parallele della sostanza, senza che la prima si possa concepire come causa del secondo.

Il determinismo tuttavia ha come conseguenza logica anche la negazione del libero arbitrio. Abbiamo l'impressione di essere liberi quando esprimiamo una volontà. Ma se tutto quello che esiste, sia nel campo mentale che in quello materiale, è la conseguenza necessaria dello sviluppo della sostanza, allora anche il nostro atto di volontà è causato e non libero: non possiamo volere diversamente da come vogliamo.

Bisogna inoltre notare che tutto ciò che compone la nostra vita psichica ed affettiva - il pensiero, le emozioni, l'amore - per Spinoza non è che un modo dell'attributo pensiero. Essi, dice Spinoza utilizzando una terminologia risalente alla filosofia medioevale, appartengono alla natura naturata e non alla natura naturans (Etica, parte I, prop. 31).

Natura naturata è il mondo, natura naturans è Dio come causa immanente del mondo. In contrasto con tutta la tradizione ebraico-cristiana, ma anche con la visione pagana, Spinoza afferma che non c'è assolutamente alcun elemento psicologico in comune tra gli esseri umani e Dio. Dio non ama, non desidera, non vuole alcunché, poiché tutti questi atti non sono che modi di uno dei suoi infiniti attributi.

7. Le passioni  

Le azioni e passioni umane vanno esaminate come qualsiasi fenomeno della natura. Tutto ciò che esiste, afferma Spinoza, cerca di perseverare nel suo essere, e gli esseri umani non fanno eccezione. Chiama conatus questa forza che si spinge ad esistere, e la considera l'esserenza stessa dell'essere umano; la volontà è il suo aspetto mentale e cosciente (Etica, III, prop. 9, dimostrazione). Noi siamo in rapporto costante con il nostro corpo. Quando qualcosa aumenta la potenza del corpo, anche la nostra mente si sente aumentata, più forte e più perfetta. Questo suscita in noi quella che Spinoza chiama letizia. Al contrario, quando il nostro corpo viene in qualche modo diminuito e indebolito, anche la mente peggiora, ed allora proviamo tristezza (Etica, III, prop. 11, scolio). Il conatus, la letizia e la tristezza sono le passioni principali. Da esse Spinoza deriva, con un procedimento logico-analitico, tutti gli aspetti della nostra vita emotiva e relazionale. L'amore non è che la letizia accompagnata dall'idea di una causa esterna, mentre l'odio è la tristezza accompagnata dall'idea di una causa esterna (Etica, III, prop. 13, scolio).  Se ciò che amiamo è affetto da tristezza, ci rattristiamo anche noi (III, prop. 21), mentre ci rallegriamo se immaginiamo che venga distrutto ciò che odiamo (III, prop. 20), e così via. 

Provando tutte queste passioni, noi siamo in uno stato di passività, dovuto al fatto che abbiamo idee inadeguate e confuse. Passiamo dalle passioni alle azioni della mente nella misura in cui ci liberiamo dall'ignoranza e riusciamo a vedere la realtà così com'è. Attraverso, cioè, una conoscenza autentica.

8. La conoscenza

Per Spinoza esistono tre livelli di conoscenza. Il primo genere di conoscenza, che Spinoza chiama immaginazione, si verifica quando percepiamo le cose così come si presentano ai nostri sensi, in modo necessariamente confuso, perché l'esperienza è casuale e non considera l'ordine della natura. Il secondo genere di conoscenza si ha invece quando consideriamo razionalmente e scientificamente la realtà, cogliendo le nozioni comuni, ossia i caratteri generali dei fenomeni, e giungendo alla visione di un mondo ordinato. Il terzo genere di conoscenza, o sapere intuitivo, si ha quando riusciamo a cogliere in modo immediato l'unità nel Dio-sostanza di tutto ciò che esiste, compresi noi stessi. Il terzo genere di conoscenza è quello che Spinoza chiama amore intellettuale di Dio (amor Dei intellectualis) ed è il bene più grande per un essere umano, la sua esperienza più alta, ciò che gli consente di liberarsi pienamente dalla sofferenza e raggiungere quella felicità stabile di cui il filosofo è alla ricerca.

Quando abbiamo conquistato questa conoscenza intuitiva vediamo il rapporto esistente tra la nostra vita e quella della natura intera; scopriamo che tutto quello che esiste accade necessariamente, e paradossalmente è proprio questa consapevolezza della necessità di tutto quello che esiste a renderci liberi. Se le passioni nascono da una visione inadeguata della realtà, avere una conoscenza chiara e perfetta del mondo vuol dire liberarsi dalle passioni, che sono il segno della nostra schiavitù e la causa della nostra sofferenza. Giunti a questo livello, è possibile considerare la nostra vita e tutte le cose esistenti dal punto di vista dell'eternità (sub specie aeternitatis), come parti necessarie della Natura, e non come realtà contingenti. L'uomo libero non ha più bisogno di temere la morte, che cessa per lui di essere un problema (IV, 67), si libera dalla tristezza e delle altre passioni negative ed è in grado di vivere in armonia con gli altri. Per la precisione, l'armonia per Spinoza è perfetta tra uomini liberi, ugualmente affrancati dalle passioni (IV, 71). Poiché gli altri continuano ad essere agitati da passioni che li rendono pericolosi, l'uomo libero deve muoversi tra di loro con prudenza e pazienza, tenendo sempre ben presente che "gli animi si vincono non con le arrmi, ma con l'amore e la generosità" (IV, Appendice, caput 11).

9. Ragione e religione

Come indica già il titolo, il Trattato teologico-politico di Spinoza tratta al tempo stesso di teologia e di politica. Le due questioni sono collegate, perché la religione ha una funzione sociale e politica fondamentale tale, che solo ripensandone il ruolo e i fondamenti è possibile ripensare anche l'ordinamento politico.

Nell'Etica Spinoza giunge all'ideale di una vita condotta secondo ragione, controllando le passioni. Parlando di religione, il filosofo sa di entrare invece in un campo nel quale le passioni sono centrali e dominanti. Fin dalle prime pagine dell'opera il filosofo olandese distingue la religione dalle superstizioni. Queste ultime nascono dalla paura, e dal momento che la vita di tutti è difficile e ognuno si trova a provare paura, prima o poi siamo tutti esposti alla superstizione; ma molto più incline ad essa è la massa, che Spinoza considera per lo più passionale. Ad aggravare il male c'è il fatto che i sacerdoti sono tenuti in grande onore dal popolo; questo fa sì che molti opportunisti, attratti dai vantaggi, accedano ai più alti gradi delle gerarchie, corrompendo la religione.

La religione, per Spinoza, insegna solo due cose: l'obbedienza a Dio e l'amore per il prossimo. Quanto più ci si allontana da questi due fondamenti, tanto più crescono le superstizioni e l'irrazionalità. La Bibbia stessa non insegna altro. Essa non è un libro di scienza, non ha lo scopo di insegnare la verità sul mondo, ed essendo rivolta non agli studiosi e agli intellettuali, ma al volgo, usa un linguaggio figurato. In questo modo il filosofo olandese risolveva i conflitti, che per certi versi permangono ancora oggi, tra scienza e testo sacro. Nessun versetto biblico può ostacolare il cammino della scienza, per la semplice ragione che la Bibbia si occupa d'altro. 

L'ebreo Spinoza in quest'opera contesta che gli ebrei siano il popolo eletto da Dio, affermando che le idee di Dio degli antichi ebrei furono invece piuttosto grossolane. L'unico tratto distintivo degli ebrei, per il quale si può parlare di una loco elezione, è la loro capacità di organizzare efficacemente la vita civile e lo Stato; vale a dire una capacità politica, non religiosa. 

La Bibbia stessa per Spinoza è un libro che va studiato con criteri filologici, intanto leggendola nella lingua originale (Spinoza è autore anche di una grammatica ebraica), e poi considerandone la storia, le vicissitudini di ogni libro, la formazione del canone. Bisogna rinunciare a cercare nella Bibbia significati nascosti e misteriosi (come accade con la Qabbalah) e attenersi il più possibile al significato letterale. 

9. Lo Stato

Nella seconda parte del Trattato il filosofo olandese ripensa in modo originale i temi politici che il pensiero di Hobbes ha imposto alla riflessione politica moderna. Anche Spinoza ricorre all'ipotesi dello stato di natura. In esso ogni individuo cerca di ottenere ciò che è in suo potere, e ne ha il diritto: ognuno ha un diritto naturale a tutto ciò che riesce ad ottenere. Il diritto dunque si basa sulla forza, e questo vale sia per chi segue la ragione che per quelli che seguono l'istinto e le passioni (che sono la maggioranza).

Ciò tuttavia porta a una situazione di generale insicurezza, dovuta al predominio delle passioni. Come abbiamo visto, Spinoza è convinto che coloro che vivono secondo ragione riescono ad essere amici e utili gli uni agli altri, mentre gli odi nascono dalle passioni. Gli uomini escono dallo stato di natura quando si rendono contro della distruttività delle passioni e si sforzano di vivere secondo ragione. Dunque si uniscono e rinunciano al diritto su tutto, trasferendo questo potere alla società nel suo insieme. Spinoza chiama democrazia un sistema in cui il potere è amministrato da un'assemblea che rappresenta gli interessi di tutta la società. Il vantaggio di un simile ordinamento è che "è quasi impossibile che la maggior parte di un’assemblea, se è numerosa, convenga su qualcosa di assurdo" (Trattato teologico-politico, cap. 16, 9; TO, p. 1015). Un tale potere esiste solo per consentire agli esseri umani di vivere secondo ragione, che dal punto di vista di Spinoza implica anche la maggiore utilità. Se prendesse decisioni irrazionali, crollerebbe la sta stessa ragione d'essere. In ogni caso per Spinoza il trasferimento di potere non può essere totale, perché ci sono cose che nessun potere può comandare, come odiare, amare o non sentirsi offesi per un'ingiuria. Il potere democratico è costrittivo, ma è una costrizione che opera per la ragione, e dunque per la vera libertà.

Il carattere aperto di questo ordinamento emerge dalla appassionata difesa della tolleranza, non solo religiosa, con cui si chiude l'opera. Nessuno può essere costretto a pensare e credere diversamente. L'intolleranza e la censura creano solo falsità ed ipocrisia, che sono fattori di instabilità sociale, e causano la persecuzione delle persone migliori, ossia di coloro che hanno il coraggio di opporsi al potere in nome delle proprie convinzioni.

Riferimenti bibliografici
Baruch Spinoza, Tutte le opere, a cura di Andrea Sangiacomo, Bompiani, Milano 2014 (edizione digitale). Sigla TO.

Testi

 La scomunica contro Spinoza

Dal Trattato sull'emendazione dell'intelletto

 La ricerca della felicità

Dal Tractatus Theologico-Politicus

█  Origine della superstizione
█  Importanza della libertà di giudizio

Dall'Etica

 Definizioni
█  Assiomi

Focus

Esiste per Spinoza l'anima?
Spinoza e gli animali