Spinoza e gli animali

[Spinoza]

Per Descartes gli animali sono semplici automi, esseri privi di anima. Dovrebbe derivarne la libertà assoluta di usarli per i nostri scopi e anche di ucciderli, e questa è stata in effetti la conclusione dei suoi seguaci, anche se il filosofo francese era personalmente vegetariano. E Spinoza? Dal momento che sia noi che gli animali siamo modi di una stessa Natura e l’essere umano non è una creatura spirituale nettamente separata dagli animali, si potrebbe immaginare nel filosofo olandese un diverso atteggiamento verso gli animali; la stessa mitezza del filosofo sembra suggerirlo. Ma non è così. La filosofia politica di Spinoza afferma che gli esseri umani si associano tra di loro, dando vita alla società, per perseguire il proprio utile. Ma non esiste nessuna società possibile con gli animali, che dunque sono esclusi da qualsiasi obbligo etico o sentimento di compassione. Scrive Spinoza nello scolio I alla preposizione 37 della quarta parte dell’Etica:

[…] quella legge di non uccidere gli animali appare fondata più sulla vana superstizione e sulla femminea misericordia che sulla ragione. La ragione chi insegna che per cercare il nostro utile è necessario unirsi agli altri uomini, ma non agli animali o alle cose la cui natura è diversa da quella umana; ma con loro noi abbiamo lo stesso diritto che loro hanno con noi. Anzi, poiché il diritto di ognuno è definito dalla sua virtù o potenza, gli uomini hanno sugli animali un diritto molto più grande che gli animali sugli uomini. Non nego tuttavia che gli animali siano capaci di sentire; ma nego che per questo non sia lecito provvedere al nostro utile e far uso di loro quanto più ci piace e trattarli come più ci conviene.

I rapporti tra esseri umani ed animali sono dunque regolati unicamente dalla forza. Essendo più forte, l’essere umano può usarli come meglio crede. Il fatto che essi siano in grado di sentire, e dunque di soffrire, non rappresenta per Spinoza un freno all’azione umana né suscita qualche forma di compassione.