La ricerca della felicità
Trattato sull’emendazione
sui communicabile esset] e da cui soltanto, esclusa ogni altra cosa, l’animo sia affetto; se esista qualche bene che, una volta trovato ed acquisito, consenta di avere una gioia [laetitia] somma ed eterna. Dico che “alla fine mi sono deciso”, in primo luogo perché a prima vista sembrava una impresa avventata, voler lasciare una cosa certa per una incerta: vedevo che avrei dovuto rinunciare alle comodità che si acquistano con l’onore e le ricchezze, se avessi voluto seriamente dedicarmi ad un’opera nuova; e se per caso la felicità più grande fosse consistita in esse, vedevo che mi sarei trovato privo di esse; se però non si fosse trovata in esse, e mi fossi dato interamente ad esse, avrei perso comunque la felicità più grande. Riflettevo dunque sulla possibilità di giungere a un nuovo principio (institutum) o almeno alla certezza riguardo ad esso, pur non cambiando l’ordine e il principio della mia vita; cosa che ho spesso tentato inutilmente. Infatti le cose che ci accadono, e che dagli uomini, come dimostrano le loro azioni, sono considerate come massimo bene, si riducono a queste tre: le ricchezze, l’onore e il piacere fisico (libidinem). La mente è a tal punto distratta da questi tre beni, che riesce ben poco a pensare a qualche altro bene. Per quanto riguarda il piacere fisico, infatti, essa vi è sospeso come se si placasse in qualche bene, cosa che impedisce al massimo grado di pensare ad altro; ma ad esso segue una grande tristezza che, se non sospende la mente, tuttavia la turba e inebetisce.
Anche seguire onori e ricchezze distrae non poco la mente, soprattutto quando essi sono ricercati non per sé, ma perché si ritiene che in essi risieda il sommo bene; dall’onore la mente è distratta molto: si suppone infatti sempre che esso sia un bene per sé e un fine ultimo verso il quale dirigere ogni cosa. In seguito ad essi non c’è, come per il piacere fisico, la penitenza, ma più li si possiede, più aumenta la gioia, e di conseguenza siamo sempre più spinti ad aumentarli; ma se non vi riusciamo, proviamo una grande tristezza.
L’onore è di grande impedimento, poiché per ottenerlo dobbiamo adattarci alla mentalità degli uomini, rifiutando quello che il volgo rifiuta e cercando quello che cerca.
Spinoza, Tractatus de intellectus emendatione