Socrate e la scrittura

[Socrate]

 

Il primo problema che si presenta nel tentativo di comprendere Socrate è quello della scrittura. Come mai il filosofo non ha scritto nulla? Una prima, semplice risposta a questa domanda può essere la seguente: Socrate non ha scritto nulla perché non aveva nulla da scrivere. Non aveva una sua filosofia, da insegnare e quindi da trasmettere anche attraverso la scrittura; la sua missione e il suo talento consistevano, come afferma lui stesso nelle testimonianze che ci sono pervenute, nel far giungere altri alla verità. Interrogava gli altri sulle loro concezioni e li guidava verso la scoperta della propria verità, ma di per sé non aveva alcuna teoria da insegnare.

Occorre tuttavia notare che sia il Socrate dei dialoghi platonici che quello di Senofonte sembra avere un nucleo di concezioni proprie. Negli scritti di Senofonte, ad esempio, emerge come propriamente socratico, come centro del suo insegnamento, il tema dell’enkrateia, l’autocontrollo. Come mai allora Socrate non ha scritto nulla sul tema? Avrebbe potuto scrivere un trattato sull’enkrateia e diffondere il suo messaggio ad un pubblico più ampio di quello dei suoi ascoltatori.

La figura di Socrate è stata spesso accostata a quella di Gesù Cristo, anche per via della fine tragica. Anche Gesù non ha lasciato nulla di scritto. Nel suo caso sappiamo, attraverso il Vangelo, che aveva senz’altro un suo messaggio da trasmettere. Se avesse lasciato un suo scritto, tale messaggio sarebbe giunto fino a noi con grande chiarezza, senza le difficoltà e i problemi di una trasmissione indiretta, quale quella che è avvenuta attraverso la trasmissione orale e la successiva fissazione attraverso la scrittura. Ma un libro scritto da Gesù avrebbe avuto la stessa forza del Vangelo? Il Vangelo mostra la connessione tra la vita di Gesù e il suo messaggio; le sue parole sono legate alle sue azioni, ed è in questo modo che acquistano pieno senso. Se Gesù avesse scritto un libro, questa connessione sarebbe andata persa, e di conseguenza anche il suo messaggio sarebbe stato indebolito o perfino equivocato. Si può ipotizzare che anche Socrate abbia scelto di non scrivere nulla perché il suo messaggio richiedeva una narrazione in grado di mostrarlo in relazione con la sua vita e la sua missione nella città.

Una diversa interpretazione è stata avanzata da Giovanni Reale, che ha ragionato sulla diffusione della tecnologia della scrittura al tempo di Socrate. Se il suo discepolo Platone è uno scrittore grandissimo, autore di decine di opere (pur sostenendo che l’oralità è superiore alla scrittura), Socrate vive nel periodo che ha visto il passaggio dalla cultura orale alla prima diffusione della tecnologia della scrittura. È solo verso la metà della vita di Socrate che ad Atene la scrittura viene introdotta nelle scuole primarie. Il filosofo dunque si è formato in una società che aveva una cultura orale, e questo di per sé basterebbe a giustificare la sua ritrosia verso la scrittura; non è scontato, peraltro, che fosse in grado di scrivere. Ma secondo Reale Socrate ha avuto comunque un ruolo fondamentale nell’affermazione della scrittura ad Atena. In una cultura orale, il pensiero ha un carattere poetico, avviene per lo più per immagini e attraverso formule che rendono facile la memorizzazione. Con il suo uso filosofico del dialogo, Socrate manda in crisi questo sistema di trasmissione dell’oralità. Non pensa per immagini, ma cerca la definizione delle cose; non usa formule, ma dialoga in modo articolatissimo. In altri termini, pur non scrivendo nulla, Socrate ha comunicato in modo tale da rendere necessaria la scrittura: 

[…] la parola scritta si è imposta a un certo punto come necessaria, perché era nata e si era sviluppata accanto all’oralità poetico-mimetica una oralità dialettica la quale, se poteva essere comunicata in modo perfetto nella dimensione dell’oralità, non poteva invece essere memorizzata, conservata e reimpiegata se non con il supporto della scrittura. (Reale 2013, cap. 3)

Ma il dialogo filosofico è davvero tale da non poter essere trasmesso oralmente? Anche i sutra buddhisti hanno spesso un carattere dialogico, mostrando il Buddha impegnato in dialoghi serrati con rappresentanti di altre scuole filosofiche. Sappiamo che i sutra sono stati trasmessi oralmente per molto tempo, e messi per iscritto solo nel primo secolo avanti Cristo. L’oralità dunque non sembra inadatta a trasmettere anche un messaggio dialogico. Del resto, anche nei dialoghi platonici e nelle testimonianze di Senofonte il confronto tra Socrate e i suoi interlocutori è riportato da testimoni orali, che sembrano in grado di riferire lo scambio dialettico con assoluta precisione.

Riferimenti bibliografici

Giovanni Reale, Socrate. Alla ricerca della sapienza umana, BUR, Milano 2013 (prima edizione digitale).

Testo di Antonio Vigilante. Licenza CC BY-SA 4.0 International.