Ritratto di Socrate

[Socrate]

 

Nel Simposio di Platone Alcibiade traccia un famoso ritratto di Socrate, paragonato a un sileno.

 


La via che seguirò, signori, nel mio elogio di Socrate, è quella delle similitudini. Probabilmente penserà che lo faccio per deridere; ma io scelgo la mia similitudine per amore della verità, non per ridicolizzare. Dico infatti che egli è simile alle figure di Sileno che si trovano nelle botteghe degli statuari; quelle, cioè, che i nostri artigiani fanno con pipe o flauti in mano: quando le loro due metà vengono aperte, si scopre che contengono immagini di dèi. E suggerisco inoltre che egli assomigli al satiro Marsia. Ora, per quanto riguarda la tua somiglianza, Socrate, con questi personaggi, non credo che tu stesso la contesterai; ma devo dirti che sei simile a loro sotto ogni altro aspetto. Sei un tipo che fa le pulci, eh? Se non lo vuoi confessare, ho dei testimoni a portata di mano. Non sei un suonatore di flauto? Sì, e molto più meraviglioso del satiro. Le sue labbra, infatti, avevano il potere di estasiare gli uomini per mezzo di strumenti; cosa possibile ancora oggi per chiunque sappia intonare le sue melodie: infatti la musica del flauto di Olimpo proveniva, posso dirvi, da Marsia, il suo maestro. Così, se qualcuno, sia egli un bravo suonatore di flauto o un flautista scadente, sa suonare le sue melodie, ciò non ha eguali per eccitare un'estasi e svelare chi è adatto al dio e ai suoi misteri, perché tali melodie sono divine. Tu sei diverso da lui solo in un punto: produci lo stesso effetto con la semplice prosa, senza l'ausilio di strumenti. Per esempio, quando sentiamo un'altra persona — magari un oratore eccellente — pronunciare uno dei soliti discorsi, nessuno, oserei dire, se ne preoccupa minimamente; ma non appena sentiamo te o i tuoi discorsi in bocca a un altro, anche se si tratta di una persona che parla male, e se l'uditore è una donna, un uomo o un giovane, rimaniamo tutti sbalorditi e incantati. Per quanto riguarda me stesso, signori, se non sembrassi assolutamente ubriaco, affermerei sotto giuramento tutti gli strani effetti che ho provato personalmente dalle sue parole e che provo ancora adesso. Infatti, quando lo ascolto sono peggio di qualsiasi fanatico selvaggio; al suono del suo discorso il mio cuore sussulta e le mie lacrime sgorgano, e vedo un gran numero di altre persone fare la stessa esperienza. Quando ascoltavo Pericle e altri abili oratori li ritenevo eloquenti, ma non ho mai provato nulla di simile; il mio spirito non era lasciato nel tumulto e non doveva lamentarsi della mia condizione di schiavo comune; mentre l'influenza del nostro Marsia qui mi ha spesso gettato in uno stato tale da ritenere la mia vita non degna di essere vissuta a queste condizioni. In tutto questo, Socrate, non c'è nulla che tu possa definire falso. Ancora adesso sono consapevole che, se acconsentissi a prestargli l'orecchio, non potrei resistergli, ma avrei di nuovo la stessa sensazione. Perché mi costringe ad ammettere che, gravemente carente come sono, trascuro me stesso mentre mi occupo degli affari di Atene. Così mi turo le orecchie come si fa con le Sirene e me ne vado il più in fretta possibile, per paura di continuare a stare seduto accanto a lui fino a quando la vecchiaia non mi avrà sopraffatto.

Simposio, 215A-216B. Traduzione di Antonio Vigilante. Licenza CC BY-SA 4.0 International.