Promuovere i meritevoli

[Mozi]

In questo passo molto chiaro Mozi illustra il principio della promozione dei meritevoli nella gestione della cosa pubblica.

Mozi disse: “Ora, tutti i governanti desiderano che le loro province siano ricche, che la loro gente sia numerosa e che la loro giurisdizione garantisca l’ordine. Ma ciò che ottengono non è la ricchezza ma la povertà, non la moltitudine ma la scarsità, non l’ordine ma il caos: questo significa perdere ciò che desiderano e ottenere ciò che scongiurano. Perché?” Mozi disse: “Perché i governanti non hanno esaltato i virtuosi e non hanno impiegato i capaci nel loro governo. Quando i virtuosi sono numerosi nello Stato, l’ordine sarà stabile; quando i virtuosi sono scarsi, l’ordine sarà instabile. Perciò il compito dei signori non è altro che quello di moltiplicare i virtuosi.”

Ma qual è il modo per moltiplicare i virtuosi?

Mozi disse: “Supponendo che si voglia moltiplicare i buoni arcieri e i buoni aurighi nel paese, sarà naturale arricchirli, onorarli, rispettarli e lodarli; allora ci si può aspettare che i buoni arcieri e buoni aurighi abbondino nel paese. Quanto più questo dovrebbe essere fatto nel caso dei virtuosi e degli eccellenti che sono saldi nella morale, versati nella retorica ed esperti nell’arte dello Stato, dal momento che questi sono i tesori della nazione e i puntelli dello Stato? Anch’essi devono essere arricchiti, onorati, rispettati e lodati affinché abbondino.

Quando gli antichi re-saggi amministravano il governo, dichiaravano: ‘Gli ingiusti non saranno arricchiti, gli ingiusti non saranno onorati, gli ingiusti non saranno favoriti, gli ingiusti non saranno vicini [al sovrano]’. All'udire ciò, i ricchi e gli onorati del Paese cominciarono tutti a riflettere, dicendo: ‘Ciò da cui dipendo sono la ricchezza e l’onore. Ora il Signore promuove i giusti senza discriminare i poveri e gli umili. Perciò non posso commettere ingiustizie’. All’udire ciò, anche il favorito cominciò a deliberare, dicendo: ‘Ciò da cui dipendo è il favore. Ora il Signore promuove i giusti senza discriminare quelli finora trascurati. Perciò non posso commettere ingiustizia’. All’udire ciò, quelli che si trovavano vicino cominciarono a deliberare, dicendo: ‘Ciò da cui dipendevo era l’intimità [col sovrano]. Ora il Signore promuove i giusti senza discriminare i lontani. Perciò non posso commettere ingiustizia’. All'udire ciò, anche il lontano iniziò a deliberare, dicendo: ‘Pensavo che, essendo lontano, non avessi nulla da cui dipendere. Ora il Signore promuove i giusti senza discriminare i lontani. Perciò non posso commettere ingiustizie’. I vassalli dei distretti lontani e i giovani del palazzo, le moltitudini all'interno dei confini dello Stato e i rustici che vivevano ai quattro confini, all’udire ciò, fecero tutti a gara nel compiere la rettitudine. […]

Per questo motivo, nell’amministrare il governo, gli antichi re-saggi collocavano in alto le persone moralmente eccellenti ed esaltavano i virtuosi. Se capace, anche un contadino o un artigiano sarebbe stato assunto – con un alto rango, remunerato con emolumenti liberali, incaricato di importanti incarichi e autorizzato a emanare ordini definitivi. Infatti, se il suo rango non fosse elevato, la gente non lo rispetterebbe; se i suoi emolumenti non fossero liberali, la gente non avrebbe fiducia in lui; se i suoi ordini non fossero definitivi, la gente non sarebbe in soggezione davanti a lui. Attribuire queste tre onorificenze ai virtuosi non significa tanto premiare la virtù, quanto portare al successo l’impresa (del governo). Per questo motivo i gradi dovrebbero essere uniformati in base alla virtù, i compiti assegnati in base alla carica e le ricompense date in base al lavoro svolto. Quando gli emolumenti sono distribuiti in proporzione ai risultati ottenuti, i funzionari non possono essere in costante onore e le persone in eterna umiltà. Se una persona è capace, promuovetela; se è incapace, abbassatela di grado. Dare rilievo all’approvazione pubblica e tenere a freno i rancori privati (nella selezione degli uomini). Ecco, dunque, il principio."

Mozi, 8.1-6. Traduzione da: The ethical and political works of Motse, translated by W. P. Mei, Probsthain, London 1929. Versione italiana a cura di Antonio Vigilante, sulla base del testo cinese pubblicato nel Chinese Text Project (https://ctext.org/mozi). Licenza CC BY-SA 4.0 International.