L'uomo come allotropo empirico-trascendentale

[Michel Foucault]

 

Tra le caratteristiche dell’uomo nell’età moderna c’è per Foucault quella di essere un allotropo empirico-trascendentale. Questo tema, tra i più importanti dell’opera, è affrontato in pagine non particolarmente chiare. Scrive Foucault:

L’uomo nell’analitica della finitudine, è uno strano allotropo empirico-trascendentale, dal momento che è un essere tale che in esso verrà acquistata conoscenza di ciò che rende possibile ogni conoscenza. (Le parole e le cose, p. 343)

Il termine allotropo indica in chimica un elemento che può assumere forme diverse. L’essere umano, soggetto e al tempo stesso oggetto della conoscenza nell’età moderna, può essere studiato in due modi. La prima via è quella degli empiristi: possiamo studiare gli aspetti sensoriali e corporei della conoscenza, la percezione eccetera. È un tipo di studio che fa pensare all’estetica trascendentale di Kant, che studia le condizioni della nostra sensibilità. La seconda via è quella di una analisi delle condizioni storiche e sociali della verità che porta a svelare le illusioni dell’umanità, funzionando come la dialettica trascendentale kantiana. Semplificando, si può dire che si tratta da un lato del positivismo di Comte e dall’altro della posizione di Marx, che Foucault chiama escatologia perché anticipa una verità che si realizzerà nel futuro. Entrambe le posizioni però sono insufficienti, prese di per sé, offrendo solo una visione parziale del soggetto/oggetto di conoscenza. Il riferimento a Kant lascia intendere che per Foucault le due analisi siano limitate e insufficienti perché manda l’intelletto. Per il filosofo francese c’è infatti una terza via, che usando ancora la terminologia kantiana definisce analitica, in grado di mediare tra l’esperienza del corpo e quella della cultura. Questa funzione di mediazione e conciliazione di empirico e trascendentale poteva essere svolta dalla fenomenologia attraverso l’analisi del vissuto, dal momento che esso “fa comunicare lo spazio del corpo con il tempo della cultura” (ivi, p. 346).

Tuttavia nemmeno la fenomenologia, per Foucault, riesce in questo compito, perché non si pone la domanda radicale, quella che è stata posta da Nietzsche con la sua teoria del superuomo (che, nella lettura di Foucault, è l’annuncio della fine dell’uomo): “chiedersi se veramente l’uomo esiste” (ibidem)

Di fronte a queste correnti, dunque - il positivismo, il marxismo e la fenomenologia - per Foucault resta ancora pienamente valida la “Promessa-Minaccia” di Nietzsche “che presto non sarebbe più esistito l’uomo, ma il superuomo” (ivi, p. 347).