Una donna nobile visita un gruppo di asceti. Murshidabad, c. 1770. Pubblico dominio.

La via dello Yoga ((योग) rappresenta una delle sei darśana ed è collegata al Samkhya. Per questa scuola, come abbiamo visto, la liberazione dalla condizione di sofferenza in cui ci troviamo può essere ottenuta attraverso una conoscenza profonda della natura della realtà, che giunga a cogliere dietro al variare dei fenomeni le due realtà della Natura e dello Spirito. Per lo Yoga questa conoscenza non è in sé sufficiente, se non accompaganata da un insieme di pratiche che hanno lo scopo di soggiogare (questo è il senso della parola Yoga) i sensi e disciplinare la mente.

Il fondatore dello Yoga classico è Patañjali (presumibilmente II secolo a.C.), autore degli Yoga Sūtra, il testo fondamentale della scuola, ma pratiche yogiche esistono fin dall'epoca più antica (se ne trova traccia anche nei Veda), e secondo alcuni studiosi risalirebbero alla civiltà della valle dell'Indo. Il primo verso dell'opera di Patañjali offre una definizione dello Yoga e del suo scopo: "Lo Yoga è l'estinzione dei vortici della mente" (yogaś citta vṛtti nirodhaḥ). Il termine vṛtti indica un movimento circolare e in questo contesto coglie con notevole efficacia l'andare e venire dei pensieri che è causa costante di afflizione psicologica. Per lo Yoga questo vortice di pensieri a sua volta è causato da quattro fattori, chiamati kleśa, ossia afflizioni: la passione, l'odio, l'attaccamento all'esistenza e la convinzione di essere un io. Come nel Samkhya, nello Yoga quest'ultimo aspetto ha una importanza centrale: la causa principale della sofferenza è l'errata identificazione con il nostro io, vale a dire con la realtà psicologica e mentale, che nella visione di molte scuole filosofico-religiose indiane costituisce l'ostacolo principale alla comprensione della realtà.

L'estinzione è possibile attraverso un processo di purificazione che comprende otto tappe (aṣṭāṅga):

  1. Le astinenze (yama). Bisogna astenersi dalla violenza, dalla falsità, dal furto, dall'incontinenza sessuale e dall'avidità.
  2. Le osservanze (niyama). La purificazione e pulizia del corpo, essere contenti della propria vita (saṃtoṣa), praticare la rinuncia e l'ascesi (tapas), lo studio e la riflessione (svādhyāya), la contemplazione del Divino (Īśvarapraṇidhāna).
  3. Le posizioni (āsana). Le diverse posture del corpo sono ormai diventate in Occidente sinonimo di Yoga. Nello Yoga di Patañjali invece esse hanno un ruolo assolutamente secondario e accessorio; la loro funzione è quella di disporre il corpo in modo tale che favorisca e non ostacoli la pratica spirituale.
  4. Il controllo della respirazione (prāṇāyāma). Questa pratica invece è centrale. Il controllo della respirazione avviene inspirando, trattedendo il respiro ed espirando seguendo dei ritmi precisi. In questo modo il respiro diviene calmo e ciò favorisce sia la concentrazione mentale che il controllo dei sensi.
  5. Distacco dei sensi dal loro oggetto (pratyāhāra). Nell'esperienza comune i sensi sono dominati dagli oggetti: se ad esempio vediamo qualcosa, l'oggetto visto viene in primo piano. In questa pratica invece i sensi non sono è più assorbiti dal loro oggetto ma si concentrano su sé stessi.
  6. Concentrazione (dhāraṇā). La mente si concentra su un unico oggetto, che può essere interno (ad esempio una parte del corpo) o esterno (ad esempio una fiamma).
  7. Meditazione (dhyāna). Evoluzione della pratica precedente, porta a uno stato di assorbimento completo, nel quale esiste solo l'oggetto di meditazione, senza alcuna interferenza da parte della mente.
  8. Unione (samādhi). È ancora l'evoluzione dello stesso atto meditativo. In questo stadio colui che medita è talmente unito all'oggetto di meditazione che scompare la sua stessa coscienza come realtà separata. In questo ottavo stadio non si giunge solo a colmare i vortici mentali, ma viene raggiunta anche la meta suprema cui mirava il Samkhya: il riconoscimento che noi non siamo il nostro io, ma il Puruṣa, e che esso è altro dalla Natura-Prakṛti e separato (e libero) da essa. E in questo riconoscimento è la liberazione non solo dalla soffernza mentale, ma dal ciclo stesso delle rinascite.

Bibliografia essenziale

Mircea Eliade, Lo Yoga. Immortalità e libertà, a cura di Furio Jesi, traduzione di Giorgio Pagliaro, BUR, Milano 2010.

Patañjali, Gli Yoga Sutra, a cura di Leonardo Vittorio Arena, BUR, Milano 2014.

I. K. Taimni, La scienza dello Yoga. Commento agli Yogasutra di Patanjali, Ubaldini, Roma 1970.