Introduzione al libro

Esplorando sia la teoria estetica che la pratica, il nostro volume offre prospettive nuove su argomenti canonici ed emergenti e mette in luce anche una serie di temi culturalmente sensibili che vengono solitamente taciuti nelle introduzioni all'estetica filosofica. I nostri articoli sono eterogenei in termini di lunghezza e livelli di difficoltà, invitando il lettore allo studio creativo dell'estetica contemporanea, che dura un'intera vita.

I capitoli sono grosso modo divisi in due gruppi: uno che tratta argomenti canonici, l'altro gli sviluppi recenti e significativi in estetica. Nel primo gruppo gli autori forniscono una panoramica e risposte critiche agli argomenti chiave dell'estetica, mentre il secondo gruppo diversifica il nostro sforzo collaborativo considerando argomenti che apparentemente sfidano i fondamenti dell'estetica occidentale (e della cultura). Detto ciò, è difficile tracciare una linea rigida tra le due parti, poiché tutti i capitoli adottano una prospettiva critica attiva e spesso multiculturale, un approccio metodologico che segna uno dei cambiamenti culturali più marcati della nostra epoca.

Prese insieme, entrambe le parti del volume arricchiscono la nostra comprensione del ruolo dell'estetica nel compimento del progetto filosofico. Ciò che unisce questi diverse esposizioni riguardanti la natura, la vita civile e le arti, è la convinzione che l'estetica abbia il potere di rendere concreta una umanità condivisa. Il fatto che questo obiettivo — il progetto estetico — sia lontano dalla realtà è una questione di guerre culturali e di co-creazione della pace.

Il capitolo d'apertura tratta il problema generale dell'estetica: Che cos'è l'estetica? Per affrontare questa difficile questione, Alexander Westenberg utilizza vari esempi tratti dalle arti e dalla natura, dalle filosofie cinese, indiana, giapponese, greca antica e occidentale. Qual è una risposta estetica appropriata e come svilupparla? L'autore trova una soluzione posizionando l'estetica tra il "soggettivo e l'oggettivo, il personale e l'universale".

Orientandosi verso la politica dell'estetica, il secondo capitolo mira ad affrontare un'altra domanda centrale: Che cos'è un'opera d'arte? Gli artisti e filosofi Richard Hudson-Miles e Andrew Broadey considerano sei approcci centrali a questa domanda, "testandoli con la complessità irriducibile delle opere d'arte contemporanee." Ogni approccio, concludono, è "mutabile e storicamente contingente", il che non significa che questo compito filosofico non meriti la nostra attenzione.

Il terzo capitolo indaga un'altra aporia chiave in estetica, ovvero la questione della relazione tra opere d'arte ed emozioni. Le opere d'arte esprimono le emozioni dell'artista? O esprimono emozioni di per sé? E in che modo tali problemi filosofici spiegano le nostre risposte alle opere d'arte? Come osserva Pierre Fasula, ciò che l'opera d'arte esprime e ciò che noi esperiamo non sono necessariamente la stessa cosa.

Successivamente continuiamo la nostra analisi affrontando i collegamenti tra opere d'arte e moralità. Può un’opera moralmente ripugnante, come Salò o le 120 giornate di Sodoma di Pasolini, essere ancora considerata un grandioso risultato artistico? Il valore artistico qui rimane inalterato dalle nostre preoccupazioni morali, o è in qualche modo diminuito, o forse potenziato? Una domanda difficile a cui rispondere in modo decisivo, ma Matteo Ravasio sostiene in modo convincente che le opere d'arte possono rafforzare la nostra capacità di avere una vita morale.

Gli ultimi due capitoli del primo gruppo di articoli trattano la categoria più importante nell'estetica occidentale: la bellezza. Il capitolo 5 adotta una lente multiculturale nell'indagare la domanda Cosa rende un'opera d'arte bella? Sviluppando una panoramica critica delle concezioni di bellezza canoniche occidentali e cinesi, Xiao Ouyang conclude che "ciò che rende un'opera d'arte bella è improbabile che sia qualcosa di omogeneo e unitario". Tuttavia, ciò che è filosoficamente importante è che la bellezza è "desiderabile" ed è una categoria filosofica "che getta luce su una comprensione più profonda dell'umanità".

Il capitolo successivo si interessa al tema Cosa rende la Natura bella? Elizabeth Scarbrough discute le due concezioni tradizionali occidentali — il pittoresco e il sublime — esplicando le nostre risposte ai fenomeni naturali, per poi considerare tre prospettive contemporanee: concettuale, non concettuale e ibrida. Questo importante capitolo sostiene l'adozione di "un modello pluralista", che possa dotarci delle competenze per interagire con la natura a seconda delle circostanze della vita di ciascuno.

Passiamo alla seconda parte del volume con un breve e molto importante capitolo su Il significato dell'estetica ambientale. Fenomeno recente nell'indagine estetica, l'estetica ambientale copre "la natura, le strutture costruite, l'ambiente urbano, lo spazio domestico, vari oggetti all'interno e le nostre interazioni con gli altri". Enfatizzando la dimensione pragmatica, Yuriko Saito sostiene che questo nuovo approccio non solo apre a "diversi tipi di cose e fenomeni", ma è anche propizio alla coltivazione di "virtù morali di rispetto e umiltà nei confronti degli altri."

Il capitolo appassionato su Estetica e politica avanza ulteriormente la nostra comprensione dell'ambito e del significato culturale dell'estetica contemporanea. Ruth Sonderegger e Ines Kleesattel mettono in discussione l'origine ufficiale dell'estetica occidentale e sostengono che, invece, dovrebbe essere vista come l'origine di "un regime estetico", un'affermazione della "supremazia del soggetto borghese, liberale e, prima di tutto, del soggetto maschile". Gli autori sono quindi profondamente preoccupati dalla questione di "una narrazione migliore del mondo" e richiamano la nostra attenzione verso l'"estetica relazionale", "una narrazione estetica, epistemica ed etica integrata che rimane radicata alla terra", e non è mai definitivo.

Il tema di leggere L’arte indigena in chiave estetica è una questione centrale indagata nel capitolo successivo, scritto da Elizabeth Coleman. Forse il pezzo più umile nella nostra raccolta, trae ispirazione dal riconoscimento dell'autonomia delle culture indigene. Tradizionalmente considerate "primitive" e quindi inferiori alla cultura occidentale e alle sue concezioni delle arti, le culture aborigene velano un ricco mondo artistico. Forse è uno dei compiti di coloro che non le conoscono imparare da tali tradizioni, come "un segno di rispetto per la cultura di altre persone."

Il penultimo capitolo si occupa di un problema che emerge in estetica, come risultato dell'espansione della disciplina e di un corrispondente senso di una nicchia culturale significativa e ancora nascente. Per accertare i limiti dell'educazione estetica contemporanea il capitolo esamina due fenomeni principali nell'estetica contemporanea: l'estetica quotidiana e la somaestetica. Entrambe le teorie pragmatiche avanzano filosofie di "cura" per le dimensioni trascurate in estetica, vale a dire l'ordinario e il corpo umano, e io analizzo se l'inclusione della natura selvaggia nella discussione possa facilitare un cambiamento culturale e portare a riconoscere il potere dell'estetica come mezzo per una comprensione radicale di sé.

Il nostro capitolo finale esplora un altro campo tradizionalmente trascurato in estetica. Stranamente l'estetica occidentale, in generale, ignora le concezioni estetiche elaborate proprio nella culla della tradizione filosofica occidentale — l'antichità classica. Matthew Sharpe colma questa lacuna e considera l'estetica antica come modello per apprendere riguardo al "senso più ampio di ordine e bellezza" ed alla filosofo "che ha completamente vinto le proprie paure, pregiudizi e desideri", e che "potrebbe pienamente 'vedere' e assaporare il mondo". In altre parole, l'antichità può insegnarci i modi per attingere a una dimensione interpretativa che "il mondo moderno ha urgentemente bisogno di riscoprire come importante, di fronte a crisi ecologiche e politiche destabilizzanti che di nuovo ci sfidano".

Introduction to Philosophy: Aesthetic Theory and Practice, di Andrew Broady, Elizabeth Burns Coleman, Pierre Fasula, Richard Hudson-Miles, Ines Kleesattel, Xiao Ouyang, Matteo Ravasio, Yuriko Saito, Elizabeth Scarbrough, Matthew Sharpe, Ruth Sonderegger, Valery Vino e Alexander Westenberg; a cura di Valery Vino e Christina Hendricks, prodotto con il supporto della Rebus Community. L'originale è disponibile gratuitamente con licenza CC BY 4.0 al'url: https://press.rebus.community/intro-to-phil-aesthetics. Edizione italiana a cura di Antonio Vigilante.
Sono state eliminate la parte da “Engagement with aesthetics” a “cultural circumstances in the 21st century”, la citazione finale di Epicuro e i Riferimenti bibliografici. Inoltre non è stata usata la fotografia di Soreti Kadir, David Pattinson, Tamara Leacock, Valery Vino.