Il funzionalismo

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Introduzione: due mostri da evitare

Mentre attraversa lo Stretto di Messina, tra la terraferma italiana e la Sicilia, Omero fa incontrare a Ulisse due mostri, Scilla e Cariddi, uno da ogni lato dello stretto. Se Ulisse vuole passare attraverso lo stretto deve scegliere tra due opzioni ugualmente spaventose, perché se eviterà un mostro si muoverà all'interno del raggio d’azione dell’altro. Da un lato c'è la ruggente Cariddi, che sicuramente cancellerebbe – come se fosse un colossale vortice – l'intera nave di Ulisse. (Hai mai dovuto affrontare un'opzione così cattiva da non credere di doverla prendere in considerazione seriamente? Beh, questa è la cupa situazione di Ulisse.) Dall'altro lato dello stretto le cose vanno poco meglio per Ulisse e il suo equipaggio stanco della guerra: abbiamo la malvagia Scilla, che solo in confronto a Cariddi sembra la scelta giusta. La nave ce la fa, ci dice Omero, meno quelli che sono stati strappati dal ponte della nave e mangiati vivi. Sei sono stati presi, ci viene detto, uno per ognuna delle teste di Scilla.

In questo capitolo consideriamo la teoria della mente nota come funzionalismo, la visione secondo cui le menti sono realmente sistemi funzionali come i sistemi informatici cui ci affidiamo ogni giorno, solo molto più complessi. Il funzionalista sostiene di seguire una via di mezzo tra il materialismo (discusso nel Capitolo 2), con la tesi che le menti sono cervelli e gli stati mentali sono stati cerebrali, e il comportamentismo (anch’esso discusso nel Capitolo 2), ossia la tesi che gli stati mentali sono stati comportamentali o disposizioni a comportarsi in determinati modi.

Evitare il materialismo

Da un lato abbiamo il materialismo, che dobbiamo evitare perché sembra non ci sia una stretta identità tra stati mentali e stati cerebrali. Anche se l'umana Freya è diversa da un coniglio selvatico, pensiamo che entrambi possano provare dolore fisico. Supponiamo che mentre impugna la sua chitarra Freya si infilzi un frammento metallico ribelle della corda Re nella parte superiore del dito anulare. Si contorce dal dolore. Fisiologicamente e neurologicamente è accaduto molto, dal danno ai tessuti causato dal frammento metallico, al gesto finale di Freya di contorcersi dalla sensazione. Ma tutto ciò è avvenuto in millisecondi.

Ora supponiamo che, mentre è fuori a cercare cibo e saltellare in giro, il coniglio selvatico sbagli il salto sul lato spinoso di una pigna. Il coniglio emette un grido, strizza forte gli occhi e scappa via velocemente. Senza dubbio una catena di eventi fisiologici e neurologici molto simile si è verificata dal momento in cui è saltato sulla pigna a quando è fuggito via velocemente per il dolore. Ma, per quanto il cervello del coniglio selvatico sia simile per certi versi a quello dell'umana Freya, non è plausibile pensare che entrambi, Freya e il coniglio selvatico, siano entrati nello stesso stato cerebrale. Tuttavia, vogliamo dire che sono entrati nello stesso stato mentale. Cioè, entrambi provavano dolore. Poiché lo stesso stato di dolore può essere realizzato in diversi tipi di cervelli, possiamo dire che stati mentali come il dolore sono realizzabili in modo multiplo. Questa è una brutta notizia per il materialista; sembra che gli stati cerebrali e gli stati mentali si discostino.

Evitare il comportamentismo

Ora consideriamo il comportamentismo. Anche qui troviamo un'affermazione di identità sospetta: questa volta tra stati mentali, come la convinzione di Freya che la sua casa sia grigia, e stati comportamentali o disposizioni a comportarsi in determinate circostanze. Per esempio, se a Freya venisse chiesto di che colore è la sua casa, sarebbe disposta a rispondere: "Grigia". Ma proprio come gli stati mentali e gli stati cerebrali, la convinzione di Freya che la sua casa colonica sia dipinta nel grigio originale dal momento in cui è stata costruita e dipinta nel 1810, e la sua disposizione a comportarsi di conseguenza, si distaccano, dimostrando che non possono essere identiche.

Supponiamo che Freya voglia organizzare una festa di inaugurazione per sé e includa nell'invito l'indicazione che la sua sia l'"unica grande casa coloniale grigia su Jones Street. Impossibile non vederla". Diciamo che Freya non includerebbe sinceramente una cosa del genere se non credesse che sia vera. E non abbiamo motivo di sospettare che stia mentendo. Possiamo andare oltre. Vogliamo dire che è la sua convinzione che la sua casa colonica sia grande, sia grigia e sia l'unica del suo genere su Jones Street che la spinge, almeno in parte, a includere quell'indicazione nell'invito. Ma se è il suo stato mentale (la sua convinzione) che ha causato il suo comportamento, allora lo stato mentale e lo stato comportamentale (il suo includere l'indicazione colorata nell'invito) non possono essere strettamente identici.

Freya avrebbe potuto essere ben disposta a dare proprio una tale indicazione di colore per la sua casa, date le sue convinzioni, come prevederebbe il comportamentista; e questa disposizione potrebbe anche accompagnare il credere nelle cose in cui crede Freya. Ma se vogliamo riferirci alle convinzioni di Freya nella nostra spiegazione del suo comportamento - e questo è il tipo di cosa che facciamo quando diciamo che le nostre convinzioni e altri stati mentali causano il nostro comportamento - allora dobbiamo ritenere che siano distinti, altrimenti la nostra spiegazione causale sarebbe un circolo vizioso.

Lo sarebbe perché la cosa da spiegare, il suo comportamento e il modo di descrivere la casa, è la stessa cosa che dovrebbe spiegarlo causalmente, ossia le sue convinzioni riguardo alla casa; e il circolo sarebbe vizioso perché niente verrebbe mai veramente spiegato. Così il comportamentista, come il materialista, sembra vedere un'identità dove non c’è.

Nessun ritorno indietro: la mente è naturale

L'obiettivo è formulare un'alternativa alle due teorie precedenti sulla mente che tuttavia promettono entrambe qualcosa di valido: trattare la mente come qualcosa che faccia parte completamente del mondo naturale. Dai fallimenti del materialismo e del comportamentismo non dobbiamo tornare a una problematica visione dualista cartesiana di mente e materia (discussa nel Capitolo 1), dove diventerebbe nuovamente del tutto misterioso come le convinzioni di Freya su come appare la sua casa coloniale possano influenzare il suo comportamento fisico, poiché le sue convinzioni e il suo comportamento fisico esistono su piani di esistenza diversi, per così dire. Ma c'è una terza via per considerare convinzioni come quelle di Freya.

Il funzionalismo come via di mezzo

La nostra via tra i due mostri è prendere sul serio l'idea forse pericolosa che le menti siano davvero macchine per calcolare. In Inghilterra Alan Turing (1912-1954) ha gettato le basi per un'idea del genere con il suo lavoro monumentale sulla natura delle macchine da calcolo e l'intelligenza (1936, 230-265; 1950, 433-460). Turing riuscì a concepire una macchina da calcolo così potente da poter eseguire con successo qualsiasi funzione calcolabile che si possa chiedere di svolgere a un essere umano, sia consapevolmente, come in aula di matematica, sia a livello subconscio, come nei numerosi calcoli coinvolti nel muovers da un lato all'altro della propria stanza.

Una macchina di Turing, come venne poi chiamata, è un modello di computer astratto progettato allo scopo di illustrare i limiti della calcolabilità. Creature pensanti come gli esseri umani, ovviamente, non sono cose astratte. Le macchine di Turing non sono di per sé macchine pensanti, ma nella misura in cui gli stati di pensiero possono essere coerentemente intesi come stati computazionali, una macchina di Turing o un modello ispirato a una macchina di Turing dovrebbe fornire un resoconto illuminante della mente.

Le idee di Turing sono state sviluppate negli Stati Uniti dal filosofo Hilary Putnam (1926-2016). Il funzionalismo tratta le menti come fenomeni naturali contro il dualismo cartesiano; stati mentali, come il dolore, come molteplicemente realizzabili, contro il materialismo; e stati mentali come cause del comportamento, contro il comportamentismo. Nella sua forma semplice, è la tesi congiunta che la mente è un sistema funzionale, una specie di sistema operativo di un computer, e stati mentali come convinzioni, desideri ed esperienze percettive sono davvero solo stati funzionali, una specie di input e output in quel sistema operativo. Infatti spesso questa versione semplice del funzionalismo è nota come "funzionalismo macchina" o "funzionalismo input-output" per evidenziare proprio quelle caratteristiche meccaniche della teoria.

Niente di sconvolgente: la mente funzionalista è la mente naturale

Il funzionalista dice che se concepiamo la sostanza mentale in questo modo - cioè, come fondamentalmente input e output in un sistema complesso, ma completamente naturale - allora possiamo osservare la realtà della mente e la realtà delle nostre vite mentali. Riusciamo ad evitare qualsiasi vera preoccupazione riguardo la sostanza mentale che sia troppo spettrale, o su come possa eventualmente interagire con la materia, problema tipico di una teoria della mente dualista cartesiana, che ci invita a concepire la sostanza mentale e la sostanza materiale come due tipi di sostanze separate. Con il funzionalismo la domanda su come sia possibile l'interazione tra il mentale e il materiale semplicemente non sorge, non più di quanto farebbe per l'interazione software e hardware nei computer, rispettivamente. Nella visione funzionalista della mente, quindi, la nebbia di mistero si solleva e la strada si fa chiara.

Realizzabilità multipla

Usiamo un nostro esperimento mentale per illustrare la teoria della mente del funzionalista. Immaginiamo che Freya cucini una calda colazione domenicale per sé e si sieda a un tavolo in patio sotto il sole primaverile per gustarla. La convinzione di Freya che "il mio tofu strapazzato è sul tavolo davanti a me" deve essere intesa più o meno così: come l'output di uno stato mentale, il vedere la sua colazione sul tavolo davanti a lei, e come l'input per altri stati mentali, inclusi altre convinzioni che Freya potrebbe avere o venire ad avere per deduzione ("qualcosa è sul tavolo davanti a me," e così via) e comportamenti (ad esempio, infilzare il tofu con una forchetta e mangiarlo voracemente). Nota bene: qui non abbiamo menzionato nulla riguardo al lavoro della corteccia sensoriale di Freya o del talamo o il ruolo dei bastoncelli e coni nella sua retina nel portarla a credere ciò che crede; la sua convinzione è identificata solo per il suo ruolo funzionale o causale. Questo sembra implicare che la convinzione di Freya sulla colazione sia realizzabile in modi multipli, come lo è il dolore.

Ricordiamo la nostra precedente discussione sulla importante differenza tra la sostanza cerebrale di un coniglio e quella umana. Sia Freya che il coniglio selvatico, abbiamo visto, possono provare dolore; il dolore, quindi, è realizzabile in modi multipli. Questo è un altro modo per dire che essere nel dolore non richiede mezzi specifici di realizzazione, ma solo alcuni o altri mezzi adeguati di realizzazione. Il punto implica anche che i mezzi di realizzazione per la convinzione sulla colazione di Freya, non meno del suo dolore, non devono per forza essere uno stato cerebrale. Ciò rappresenta una grande preoccupazione per il materialista. Poiché le nostre convinzioni, desideri ed esperienze percettive sono identificati dal loro ruolo funzionale o causale, il funzionalista non ha problemi a rendere conto della realizzabilità multipla degli stati mentali.

Causa reale: la mente funzionalista causa il comportamento

Abbiamo visto che i nostri stati mentali non possono essere considerati le cause del nostro comportamento in una visione comportamentista, poiché in quella visione della mente gli stati mentali non sono niente di più del nostro comportamento (o disposizioni a comportarsi in certi modi in certe circostanze). Nel tentativo di disincantare la mente in generale e le menti individuali in particolare, e spostare stati mentali come credenze e dolore in una visione scientifica, il comportamentista si è ritratto troppo lontano dal dualismo cartesiano, non lasciando nulla in noi che possa essere la causa del nostro comportamento. Il funzionalista comprende, come il comportamentista, che c'è una stretta connessione tra le nostre credenze, desideri e dolori, da un lato, e il nostro comportamento, dall'altro. È solo che la connessione è funzionale, o causale, non di identità. Poiché gli stati mentali (come la convinzione di Freya che "il mio tofu strapazzato è sul tavolo davanti a me") sono identificati con il loro ruolo funzionale o causale, nel più ampio sistema funzionale di input e output, di altri stati mentali e comportamentali, il funzionalista non ha problemi a rendere conto degli stati mentali che giocano un ruolo causale nelle spiegazioni che diamo del nostro comportamento. Nella teoria funzionalista della mente gli stati mentali sono cause reali del comportamento.

Obiezioni al funzionalismo

Ora che abbiamo visto alcuni dei principali punti a favore della teoria, diamo un'occhiata ad alcune delle critiche che sono state sollevate contro il funzionalismo.

La Stanza Cinese

John Searle si oppone a una versione del funzionalismo che chiama "intelligenza artificiale forte" o "AI forte". In Minds, Brains and Programs, Searle sviluppa un esperimento mentale progettato per mostrare che avere gli input e output giusti non è sufficiente per avere stati mentali, come sostiene il funzionalista (1980). La questione specifica riguarda ciò che è richiesto per comprendere il cinese.

Immaginiamo che qualcuno che non capisce il cinese venga messo in una stanza e incaricato di mettere in ordine simboli cinesi in risposta ad altri simboli cinesi, secondo regole puramente formali fornite in un manuale in lingua inglese. Quindi, ad esempio, una persona può scrivere alcuni simboli cinesi su una scheda, metterla in un cestino su un nastro trasportatore che entra e esce dalla piccola stanza in cui l’uomo trova. Una volta che la riceve, guarda la forma del simbolo, lo cerca nel manuale e legge quali simboli cinesi trovare nell'altro cestino da rimandare fuori. Immaginiamo inoltre che diventi molto bravo in questa manipolazione di simboli, così bravo da poter ingannare i parlanti fluenti cinesi con le risposte che dà. Per loro, funziona esattamente come se capisse il cinese. Tuttavia, sembra che non ne abbia affatto una vera comprensione. Pertanto, Searle conclude, funzionare nel modo giusto non è sufficiente per avere stati mentali.

Il funzionalista risponde che, ovviamente, come l'esperimento mentale è descritto, la persona nella stanza non capisce il cinese. Ma, anche stando a come il caso è descritto, la persona nella stanza è solo una parte dell'intero sistema funzionale. Infatti è il sistema che funziona per capire il cinese, non solo una parte. Quindi è l'intero sistema, in questo caso, l'intera stanza, compresa la persona che manipola i simboli e il manuale di istruzioni (il "programma"), che capisce il cinese.

Il Problema dei Qualia

Il graffio causato a Freya dalla sua corda Re le ha causato un po' di dolore, e forse ancora di più per il comportamentista, come abbiamo visto in precedenza. Una grande preoccupazione per il funzionalista è che nel dolore di Freya sembra esserci qualcosa di più rispetto al solo essere la causa presunta di un comportamento legato al dolore, dove questa causa è intesa come un altro stato mentale, presumibilmente, non identificato con il dolore. (Si ricordi che il funzionalista desidera evitare il circolo vizioso delle spiegazioni del comportamento fatte dai comportamentisti.)

C'è una sensazione innegabile legata dolore: è qualcosa che senti. Alcuni potrebbero sostenere che a livello cosciente, questo è tutto ciò che c'è nel dolore. Certo, c'è la rilevazione del danno ai tessuti e gli eventi fisiologici e neurologici che si svolgono, e sì, c'è anche il comportamento relativo al dolore. Tuttavia non dobbiamo escludere dalla nostra spiegazione del dolore la sensazione di dolore. I filosofi chiamano l'aspetto sensoriale di alcuni stati mentali come il dolore stati qualitativi. Altri stati mentali qualitativi potrebbero includere esperienze di oggetti colorati, come quelle che una persona con visione normale dei colori ha ogni giorno.

Nel vedere una mela verde nel cestino su un tavolo da pranzo, avete un'esperienza visiva di un oggetto verde. Ma il funzionalista può parlare dell'esperienza solo in termini della funzione o del ruolo causale che svolge. Quindi, ad esempio, il funzionalista può parlare dell'esperienza del verde di Freya come causa della sua convinzione di vedere una mela verde nel cestino. Ma il funzionalista non può parlare della sensazione che Freya (o chiunque di noi) ha nel vedere una mela verde matura. Pensiamo che ci sia una sensazione corrispondente alle esperienze di colore come quelle di Freya, al di là delle convinzione che possano suscitare in noi. Poiché stati mentali come il dolore e le esperienze di colore sono identificati solo per il loro ruolo funzionale, il funzionalista sembra senza risorse per spiegare questi stati mentali qualitativi.

Il funzionalista potrebbe rispondere chiedendosi quale sia per noi la funzione dei qualia. Il colore verde maturo e vivido della mela funziona per informare Freya su una fonte di cibo in un modo che attira la sua attenzione visiva su di essa. Le esperienze di colore di Freya le permettono di formare convinzioni accurate sugli oggetti nel suo ambiente immediato. È certamente vero che l'esperienza visiva ordinaria ci offre momenti bellissimi nelle nostre vite. Tuttavia è probabile che abbia molte altre funzioni. Allo stesso modo è più probabile che ci sia una funzione per gli aspetti qualitativi o sensoriali di alcuni stati mentali e che questi aspetti possano essere compresi in termini delle loro funzioni, piuttosto che essere considerati come fluttuanti sopra l'ordine causale delle cose. Quindi il funzionalista che desidera cercare di rendere conto dei qualia non deve rimanere in silenzio sulla questione.

Conclusione

Non abbiamo considerato tutte le possibili obiezioni al funzionalismo, né abbiamo considerato versioni più sofisticate del funzionalismo che mirano ad aggirare le obiezioni più valide che abbiamo considerato. L'idea che le menti siano davvero tipi di macchine calcolatrici è ancora molto viva e controversa come sempre. Prendere seriamente quell'idea significa dover lottare con una serie di domande all'incrocio della filosofia della mente, della filosofia dell'azione e dell'identità personale.

In che senso Freya è veramente un agente delle sue stesse azioni, se citiamo solo un input freddo per spiegare un certo comportamento suo? Cioè, come fa Freya ad avvalorare le proprie convinzioni in una visione puramente funzionalista? Se le menti sono tipi di computer, cosa rende creature pensanti come Freya? Tipi di robot, sebbene sofisticati? Bisognerà rispondere in modo soddisfacente a queste e altre domande difficili prima che molti filosofi siano soddisfatti da una teoria funzionalista della mente. Per altri filosofi, è già stato fatto un inizio sulla strada giusta, lontano dal dualismo cartesiano e tra i due terrori del materialismo e del comportamentismo.

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Traduzione di Antonio Vigilante.

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