Quali sono le connessioni tra arte e morale?

Una scena di "American Psycho".

Questo capitolo esplora alcuni problemi che sorgono quando si considera il rapporto tra arte e morale.1

La prima sezione si chiede se sia possibile che il valore artistico e il valore morale di un’opera d’arte interagiscano. 2 Alcuni negano che sia così: se un’opera d’arte può essere correttamente giudicata come morale o immorale, questo giudizio non ha alcuna influenza sulla valutazione del merito artistico dell’opera. Altri filosofi non sono d’accordo: pensano di poter mostrare in che modo i difetti morali di un’opera d'arte influiscono negativamente sul suo valore artistico, mentre altri ritengono addirittura di poter mostrare come i difetti morali possano a volte accrescere il valore artistico di un’opera.

La seconda sezione di questo capitolo esamina se e come le opere d’arte possano favorire la nostra conoscenza e comprensione morale. Alcuni filosofi sono stati scettici su questa possibilità, in quanto non è chiaro quale tipo di conoscenza possa essere comunicata da un romanzo o da un dipinto. Altri hanno contestato questo punto di vista, mettendo in discussione il presupposto che acquisiamo la conoscenza morale nello stesso modo in cui apprendiamo verità in altri ambiti.

Interazione tra valore artistico e valore morale

Visioni anti-interazioniste: Autonomismo radicale e moderato

Cominciamo con l’esaminare due posizioni anti-interazioniste. Sono anti-interazioniste in quanto negano che il valore morale di un’opera d'arte, se esiste, possa avere un’influenza sul suo valore artistico.

La prima è l’autonomismo radicale, cioè l’idea che le opere d’arte non possano essere giudicate in termini morali. Il termine “autonomismo” si riferisce alla separazione del valore artistico da quello morale, considerati come ambiti indipendenti. L’aggettivo “radicale” specifica ulteriormente che la sfera artistica e quella morale sono completamente indipendenti: non solo non si influenzano mai a vicenda, ma non ha nemmeno senso valutare un oggetto artistico in termini morali.

Un modo per dare corpo alla visione autonomista radicale si basa sull’idea di errore di categoria. Un errore di categoria si verifica quando una proprietà viene attribuita a un oggetto appartenente a una categoria che non supporta tali proprietà. Per esempio, sarebbe un errore di categoria dire che il numero tre è puzzolente, perché la puzza non è una proprietà che i numeri (in quanto oggetti astratti) potrebbero avere. L’autonomista radicale sostiene che attribuire proprietà etiche alle opere d’arte è un errore di categoria, poiché le opere d’arte non supportano l’attribuzione di tali proprietà.

Richard Posner ammette che l’arte può rappresentare ogni sorta di atti moralmente buoni o cattivi, ma sostiene che ciò non è sufficiente a dimostrare che l’arte possa essere morale o immorale. Questi atti e atteggiamenti rappresentati fanno semplicemente parte della materia prima di un’opera d'arte (Posner 1997, 7). Posner sostiene che l’arte può essere valutata da un punto di vista etico solo se è in grado di educare alla moralità, in quanto ciò dimostrerebbe che essa di fatto può influire sul senso di ciò che è giusto e sbagliato delle persone, e quindi essere degna di una valutazione etica. Tuttavia, Posner nega fermamente che l’arte possa contribuire all’educazione morale. Egli sostiene quindi forma di autonomismo radicale. 3

L’autonomismo radicale sembra poco plausibile, poiché esistono molti casi in cui critici e profani esprimono giudizi morali sulle opere d’arte; esso avrebbe bisogno di una teoria che spieghi perché erroneamente e sistematicamente descriviamo le opere d’arte in termini etici se ciò non è appropriato.

L’autonomismo moderato evita questo problema adottando una visione più difendibile. Accetta che le opere d’arte possano essere valutate per il loro valore etico, ma ritiene anche che questa valutazione non influisca mai sul valore artistico. In altre parole, l’autonomismo moderato ammette che si possano descrivere le opere d’arte come eticamente negative o virtuose, pur giudicandole realizzazioni artistiche di altissimo livello, perché le due valutazioni non interagiscono.

Questa visione è più compatibile con il modo in cui le persone parlano abitualmente dell’arte, in quanto dà senso ai casi in cui lodiamo un’opera d’arte per i suoi meriti artistici nonostante le nostre riserve per l’atteggiamento morale che esprime. Per esempio, si può continuare a considerare L’Anello del Nibelungo di Wagner una grande opera d’arte, pur condannando il suo implicito antisemitismo. Questi esempi vengono presi dall’autonomista moderato come una ragione per tenere separate la valutazione artistica e quella etica.

L’anti-interazionismo, nella forma dell’autonomismo moderato, rimane una posizione popolare, anche se deve affrontare alcune obiezioni. In primo luogo, esso sembra ancora incompatibile con gran parte della critica d’arte, in cui le considerazioni etiche sono spesso presenti nella valutazione dei meriti artistici di un’opera. Inoltre, l’autonomismo moderato sembra in contraddizione con le intuizioni che gli artisti talvolta hanno sul rapporto tra la moralità del loro lavoro e il suo valore artistico. Un vignettista può pensare che parte del suo successo artistico dipenda dalle caratteristiche morali del suo lavoro: se le sue vignette si basassero su una facile ironia rivolta a gruppi svantaggiati, il prodotto risultante non sarà solo moralmente problematico, ma anche artisticamente difettoso.

Oltre a queste obiezioni, l’autonomismo moderato è minacciato da qualsiasi argomento efficace che mostri come il valore morale di un’opera d’arte possa influire sul suo valore artistico. La prossima sezione esplora argomenti di questo tipo. 4

Visioni interazioniste: moralismo moderato, etica e immoralismo

Negli ultimi tre decenni i filosofi hanno prodotto decisi rifiuti delle posizioni anti-interazioniste che abbiamo appena esaminato. Questi filosofi pensano di poter dimostrare come il carattere morale di un’opera d’arte possa avere un impatto sul suo valore artistico. Le posizioni interazioniste cercano di dare un senso alla critica etica, cioè alla pratica di portare giudizi etici sulle opere d’arte per valutarle artisticamente. Di seguito vengono presentate alcune proposte interazioniste di rilievo.

Il moralismo moderato

Noël Carroll ha una visione interazionista che definisce “moralismo moderato’ (Carroll 1996). Questa posizione si basa sull’idea che a volte i difetti etici sono difetti artistici e a volte le virtù etiche sono virtù artistiche. L'argomento principale di Carroll a favore del moralismo moderato è l’ “argomento dell’assorbimento” [uptake argument]. Le opere d’arte spesso richiedono un assorbimento emotivo, nel senso che mirano a suscitare risposte emotive nel pubblico. Il carattere morale delle figure e degli eventi rappresentati nell’opera d’arte è importante per garantire l’assorbimento da parte del pubblico. Carroll trae questa osservazione da Aristotele, che nella Poetica aveva osservato come un eroe tragico non potesse essere un personaggio del tutto irreprensibile, altrimenti avremmo reagito al suo destino con sdegno, piuttosto che con pietà. In questi casi, l’abilità dell’autore nel disegnare un personaggio o un evento appropriato può influenzare l’assorbimento emotivo da parte di un pubblico moralmente sensibile.5 Ora, il fallimento nel produrre l’assorbimento pertinente si verifica a volte perché l’autore non riesce a comprendere la risposta etica appropriata a un certo personaggio. Si tratta di un fallimento etico: l’autore non riesce a comprendere la risposta appropriata al personaggio che presenta. Ma è allo stesso tempo un fallimento nella progettazione di un personaggio appropriato, cioè un personaggio che provochi la risposta prevista, e quindi è anche un fallimento artistico.

Carroll esemplifica il suo punto di vista con un’interpretazione del romanzo American Psycho (1991) di Bret Easton Ellis. Quest’opera era intesa come una satira della società capitalistica e cercava di perseguire questo obiettivo presentando un serial killer che commetteva omicidi brutali e altri atti moralmente ripugnanti: il punto forse è che il capitalismo promuove una visione degli esseri umani come merci usa e getta. Carroll osserva come molti lettori non riescano a superare la scioccante brutalità dei fatti raccontati dal romanzo. Di conseguenza, non riescono ad apprezzare l’intento satirico sottostante. Secondo Carroll, la strategia di Ellis si basa su un errore etico, ovvero quello di sottovalutare l’effetto di omicidi violenti e gratuiti sulla reazione emotiva del pubblico. A sua volta, questo errore mina l’intento satirico del romanzo e quindi il suo valore artistico.

Considereremo ora due obiezioni contro l’argomento dell’assorbimento, entrambe di Berys Gaut (2007, 228-30). Il primo problema è l’appello di Carroll a un pubblico moralmente sensibile. Carroll ha bisogno di questo concetto perché è perfettamente concepibile immaginare un pubblico moralmente perverso che non avrebbe problemi di assorbimento con un’opera immorale.

Consideriamo il film di Leni Riefenstahl Il trionfo della volontà (1935), un documentario di propaganda per il regime nazista. Possiamo immaginare che molti degli spettatori originari del film della Riefenstahl non avessero alcun problema con un’opera che celebrava Hitler. In casi come questo, la prospettiva dell’opera, per quanto immorale, non determinerebbe un fallimento nell’assorbimento, e quindi non sminuirebbe il valore artistico dell’opera. L’argomento dell’assorbimento funziona solo se si è convinti che il valore artistico di un’opera d’arte debba essere valutato dal punto di vista di un pubblico moralmente sensibile, ma Carroll non offre alcun argomento a sostegno di questa affermazione.

La seconda obiezione è la seguente. Secondo Carroll, il mancato assorbimento si traduce in un difetto artistico perché impedisce all’opera d’arte di assorbire l’attenzione dello spettatore e di coinvolgere le sue emozioni. Ora, anche ammettendo che l’assorbimento sia un obiettivo generale delle opere d’arte, nulla ci impedisce di immaginare un caso in cui la prospettiva moralmente errata di un’opera possa sostenere tale assorbimento e coinvolgimento emotivo. Non sembra quindi che un difetto morale sia sempre in grado di ostacolare l’assorbimento e il coinvolgimento prolungato. Come osserva Gaut, si può essere assorbiti da Il trionfo della volontà proprio a causa della prospettiva morale distorta che mostra (2007, 228).

Eticismo

Gaut ritiene di avere una strategia interazionista migliore dell’argomento di Carroll, il cosiddetto “argomento della risposta meritata”. Questa argomentazione è simile a quella di Carroll, anche se si traduce in una posizione notevolmente più forte, l’eticismo. Si tratta di una posizione più coraggiosa del moralismo moderato, che si limita a sostenere l’idea che i difetti/virtù morali a volte diminuiscono/aumentano il valore artistico. L’eticismo sostiene che se un’opera d’arte possiede un difetto/virtù morale artisticamente rilevante, questo varrà sempre anche come difetto/virtù artistica.

L’argomentazione della risposta meritata può essere riassunta come segue. Le opere d’arte tentano tipicamente di provocare determinate risposte in coloro che le apprezzano. Si può dire che le opere d’arte prescrivono determinate risposte; in altre parole, ci invitano ad avere tali risposte. Per esempio, i film dell’orrore prescrivono una risposta di paura quando impiegano una musica di suspense prima di un jump scare. Le opere d’arte possono avere più o meno successo nel prescrivere queste risposte. Alcuni film dell’orrore possono essere impostati in modo tale da fallire sistematicamente nel suscitare la paura nel pubblico. In questo caso, la risposta prescritta è immeritata, perché l’opera d’arte non fa quello che serve per ottenere la risposta desiderata. A volte una risposta prescritta è immeritata per motivi estetici: la musica può essere brutta o la recitazione poco convincente. In altre occasioni, invece, la risposta prescritta è immeritata per motivi etici. Per esempio, alcuni ritratti di Gainsborough di ricchi proprietari terrieri possono prescrivere ammirazione e rispetto per individui che hanno raggiunto il loro status in modi moralmente inaccettabili. Questa reazione è immeritata non a causa di carenze artistiche o tecniche del dipinto, ma piuttosto perché l’oggetto dell’ammirazione è di fatto moralmente ripugnante. In questi casi l’opera d'arte è artisticamente carente a causa della sua prospettiva morale errata. Si noti che questa strategia non richiede un appello al pubblico morale sensibile ideale necessario per l’argomento dell’assorbimento di Carroll. L’affermazione è semplicemente che il valore artistico dell’opera è compromesso perché si basa su una risposta che non dovrebbe essere adottata, in quanto non è meritevole su basi etiche.

L’eticismo sostiene inoltre che una prospettiva moralmente apprezzabile di un’opera ne accresca il valore artistico. Gaut ritiene che l’argomento della risposta meritata possa dimostrare anche questo, in quanto l’atteggiamento eticamente lodevole di un’opera fornisce motivi per adottare la risposta prescritta dall’opera.

Una critica all’eticismo è che esso sembra interpretare il valore morale come un elemento costitutivo del valore artistico (McGregor 2014, 454). Un atteggiamento moralmente appropriato o una risposta prescritta sono quindi parte di ciò che può rendere un’opera artisticamente valida. Il problema è che l’eticismo si trasformerebbe nella poco interessante affermazione secondo cui il valore morale, in quanto sottoinsieme del valore artistico, ha un impatto sul valore artistico.

Un’altra obiezione contro l’eticismo mette in discussione l’idea che gli atteggiamenti manifestati dalle opere d’arte possano essere eticamente valutabili. 6 Se questi atteggiamenti sono rivolti a oggetti immaginari, invece che reali, sembrerebbe inappropriato considerarli moralmente lodevoli o riprovevoli. Gaut respinge questo punto, sostenendo che anche gli atteggiamenti verso oggetti immaginari possono essere eticamente valutabili. Per esempio, considereremmo certamente biasimevoli le fantasie sessuali di qualcuno se riguardassero lo stupro di donne immaginarie. Naturalmente, questo esempio mostra solo che alcuni atteggiamenti nei confronti di oggetti immaginari sono eticamente valutabili; resta da dimostrare che lo siano tutti, e questo è un punto controverso.

È importante sottolineare che l’eticismo non sostiene che un’opera moralmente difettosa/pregevole sarà sempre artisticamente difettosa/ottima in generale. L’eticismo semplicemente afferma che gli atteggiamenti espressi nell’opera contano nella valutazione artistica dell’opera stessa. Un’opera che manifesta un atteggiamento immorale può quindi essere ancora artisticamente lodevole grazie a qualche caratteristica che la riscatta. Per esempio, secondo l’eticismo, il Ratto di Europa di Tiziano può essere una grande opera d’arte nonostante l’atteggiamento sessista che promuove (vedi Box 1).

Tiziano, "Il ratto di Europa". Wikimedia Commons. Pubblico dominio.

Box 1: Vizi etici e risultati artistici: Il Ratto di Europa di Tiziano
Il Ratto di Europa di Tiziano (1560-62) è spesso elogiato come un’opera di altissimo livello, in quanto presenta molte delle caratteristiche che fanno di Tiziano una figura di spicco nella storia dell’arte occidentale. Anne W. Eaton (2003) sostiene che questi meriti artistici sono in parte inficiati da un difetto etico del dipinto. Sostiene che l’opera di Tiziano non si limita a rappresentare lo stupro, ma lo eroticizza, raffigurando Europa come se provasse piacere nell’atto, pur presentando chiaramente il suo rapimento da parte di Giove come indesiderato e forzato. In questo modo, il dipinto di Tiziano mostra la visione eticamente errata secondo cui le donne possono in realtà godere dell’abuso sessuale, nonostante la loro apparente resistenza.
Eaton ritiene che il valore artistico del dipinto sia sminuito dal fatto che molte delle sue caratteristiche artistiche dipendono dall’accettazione di una prospettiva eticamente scorretta. L’autrice osserva come diverse caratteristiche degne di nota del dipinto contribuiscano all’atteggiamento che esso manifesta nei confronti dello stupro di Europa. I colori sono gioiosi e l’atmosfera del quadro è serena; l’espressione di Europa è spesso interpretata come un’espressione di estasi più che di dolore o di paura, e la composizione del quadro dirige lo sguardo verso la sua regione pubica.

Immoralismo

Abbiamo visto come alcuni autori abbiano proposto spiegazioni su come i difetti morali di un’opera d'arte possano diminuirne il valore artistico. Ma è possibile concepire casi in cui la prospettiva morale imperfetta di un’opera ne accresce il valore artistico? La visione sostenuta da coloro che rispondono positivamente a queste domande è generalmente chiamata “immoralismo”. Essa sostiene che a volte un difetto morale può accrescere il valore artistico di un’opera d’arte.

Daniel Jacobson sostiene una forma di immoralismo osservando che un’arte moralmente riprovevole può essere considerata artisticamente riuscita proprio perché ci fa rispondere al suo contenuto nel modo in cui pensiamo di non dover rispondere (1997, 187). Per esempio, una caricatura o una vignetta politica può mostrare un individuo o un gruppo come meritevole di una risposta che noi riteniamo moralmente immeritata, e può farlo così bene che le nostre considerazioni morali vengono scavalcate. Questo è un difetto morale della caricatura, ma anche un merito artistico. I commentatori concordano sul fatto che Jacobson non riesce a fornire esempi convincenti a sostegno della sua visione immoralista e che è generalmente vago riguardo ai suoi dettagli. 7

Matthew Kieran ha avanzato una posizione che definisce “immoralismo cognitivo”. Il suo punto di vista è che alcune opere d’arte ci presentano atteggiamenti palesemente immorali, ma lo fanno per insegnare qualcosa riguardo a tali atteggiamenti (2006, 138). Un esempio è il film pseudo-documentario belga C’est arrivé près de chez vous [Il cameraman e l’assassino], in cui la routine quotidiana di un serial killer viene raccontata in un’atmosfera di umorismo surreale e cupo, interrotta bruscamente da una scena in cui la troupe viene coinvolta in un brutale stupro. Dopo questa scena, per la maggior parte degli spettatori diventa impossibile mantenere lo stesso tipo di reazione divertita che hanno ritenuto appropriata per il resto del film. Secondo Kieran, questa svolta narrativa mette in evidenza fino a che punto si possa arrivare a rappresentare la violenza estrema pur riuscendo a riderne. In questo modo, il film ha una valenza morale attraverso il suo personaggio immorale, in quanto ci spinge a riflettere criticamente sulle nostre reazioni alla violenza nella fiction. In che modo ciò sostiene la tesi interazionista? Secondo Kieran, C’est arrivé près de chez vous funziona perché ci fa reagire a omicidi brutali con una risposta che è eticamente problematica, ma si riscatta artisticamente perché è in virtù della sua capacità di provocare e sostenere risposte immeritate che ci permette di imparare un’importante lezione morale.

Un’obiezione all’immoralismo cognitivo è che l’immoralità dell’opera d’arte in questi casi è solo apparente, poiché l’atteggiamento finale che l’opera assume nei confronti del suo soggetto è moralmente lodevole. Se ciò fosse vero, l’immoralismo cognitivo non sarebbe riuscito a dimostrare che l’arte immorale può avere un valore artistico in virtù della sua immoralità (Eaton 2012, 289).

Anne W. Eaton ha sviluppato un’ingegnosa argomentazione a favore dell’immoralismo basata sulla figura dell’ “eroe rozzo” (Eaton 2012). L’eroe rozzo è un personaggio profondamente e intrinsecamente imperfetto, che viene però presentato come simpatico, gradevole e persino ammirevole. L’esempio scelto da Eaton è quello di Tony della serie televisiva I Soprano. Tony è un mafioso e ha una serie di gravi difetti morali, ma in genere ottiene la simpatia del pubblico. Questo è sconcertante, perché di solito un personaggio moralmente imperfetto genera un certo grado di resistenza immaginativa, cioè una riluttanza e una difficoltà nel pubblico a seguire e ad adottare un atteggiamento ritenuto non etico.

Tuttavia, una figura efficace di eroe rozzo è dotata di caratteristiche che normalmente motivano la resistenza immaginativa, ma allo stesso tempo si presenta in modo tale da far sì che questa resistenza venga alla fine parzialmente abbandonata. In questo modo, le fiction che contengono un eroe rozzo ottengono un risultato artistico, in quanto si muovono sulla linea sottile tra resistenza immaginativa e risposte positive. Apprezzando le fiction che contengono un eroe scabroso, ci sentiamo tentati da entrambe le reazioni e il successo di queste fiction sta in parte nella loro capacità di mantenere questa tensione.

Se questo è un risultato artistico, allora è un risultato che dipende essenzialmente dall’atteggiamento moralmente sbagliato dell’opera nei confronti dell’eroe scabroso, difetto di atteggiamento che consiste nella presentazione di una figura moralmente ripugnante come simpatica e ammirevole. 8

È importante sottolineare che l’immoralismo non esclude la possibilità, esplorata dal moralismo moderato e dall’etica, di difetti morali che influiscono negativamente sul valore artistico di un’opera. L'immoralismo semplicemente afferma che a volte un difetto morale può accrescere il valore artistico di un’opera d'arte.

Arte e conoscenza morale

Nei capitoli precedenti abbiamo ipotizzato che le opere d’arte diano luogo a determinate risposte, alcune delle quali sono legate ai nostri atteggiamenti morali. Abbiamo anche visto come un’opera d’arte possa manifestare un atteggiamento verso gli oggetti o gli eventi che rappresenta, e quindi possa avere una prospettiva morale su tali cose.

Considerati questi legami piuttosto forti tra arte e morale, alcuni filosofi si sono chiesti se sia possibile che le opere d’arte ci insegnino qualcosa sulla morale. È abbastanza indiscutibile che gli eventi della vita possano sviluppare il nostro senso di ciò che è giusto o sbagliato. È lecito chiedersi se il mondo immaginario di un’opera d'arte possa fare lo stesso, ma abbiamo già visto che alcuni degli argomenti interazionisti presentati in precedenza si basavano sulla presunta capacità dell’arte di darci lezioni morali.

Come già detto, Posner nega che l’arte possa educare alla moralità. Osserva che sembra falso che l’arte abbia un grande impatto sulla moralità di coloro che la apprezzano. Troviamo personaggi buoni e cattivi tra le folle non istruite tanto spesso quanto tra i migliori critici d’arte (Posner 1997, 5). Inoltre, anche se ammettiamo che dall’arte apprendiamo verità psicologiche, non ne consegue che impariamo anche la disposizione ad agire giustamente sulla base di tali verità, necessaria per un autentico progresso morale (10).

Anche Jerome Stolnitz difende una posizione scettica sulla questione. Egli sostiene che le verità che l’arte dovrebbe insegnarci non possiedono le caratteristiche distintive delle verità più indubitabili, come quelle scientifiche o di buon senso. Per prima cosa, le verità ricavate dall’arte sembrano curiosamente immuni dalla contraddizione (Stolnitz 1992, 196). La poesia di William Ernest Henley Invictus (1888) sostiene che “sono il padrone del mio destino;/ sono il capitano della mia anima”. Henley sembra dire che le persone, o almeno alcune persone, hanno il pieno controllo della propria vita. Le tragedie greche, invece, sembrano sostenere che le persone non possono mai controllare il proprio destino. Secondo Stolnitz, queste contraddizioni formali non ci disturbano perché non abbiamo a che fare con proposizioni che mirano alla verità.

In secondo luogo, le verità hanno bisogno di qualche tipo di conferma, di qualche prova a loro sostegno. Ma la conferma sfugge alle verità che troviamo espresse nelle grandi opere d’arte, poiché molte delle loro presunte lezioni morali si comportano come cattive generalizzazioni se applicate a un insieme più ampio di casi tratti dal mondo reale (Stolnitz 1992, 196-97). Per esempio, Orgoglio e pregiudizio può essere interpretato come una storia di come “l’orgoglio ostinato e il pregiudizio ignorante tengono separate le persone che si attraggono” (193). Ma è qualcosa che si può generalizzare e applicare con una certa sicurezza a qualsiasi altro contesto? Stolnitz ritiene che la risposta sia negativa.

Martha C. Nussbaum rifiuta fermamente molti dei presupposti su cui si basano le opinioni di Stolnitz. Stolnitz parte dal presupposto che la conoscenza morale sia qualcosa di simile a un elenco di proposizioni vere o a un insieme di regole generali. Nussbaum, seguendo Aristotele, ritiene che la conoscenza morale sia molto più ampia, in quanto include l’attività emotiva e volitiva, cioè le risposte emotive, i sentimenti, i desideri e simili (1992, 40). Inoltre, nega che le regole generali possano esaurire la nostra conoscenza etica, poiché questa si basa essenzialmente sulla nostra capacità di reagire in modo appropriato nel contesto di situazioni molto specifiche (153). Per questo motivo, alcuni romanzi possono essere altrettanto importanti per la nostra comprensione della morale quanto le normali opere di etica. Queste ultime, infatti, discutono tipicamente casi inverosimili e semplificati per trarre conclusioni generali, mentre i romanzi evitano caratteristiche idealizzate e regolarizzate, presentando invece scenari molto particolari.

Concludo notando alcuni modi in cui la possibilità di trarre conoscenze morali dall’arte può influire sul dibattito esaminato nella prima sezione di questo capitolo. Come primo esempio, pensiamo all’affermazione di Nussbaum secondo cui possiamo trarre conoscenza morale da alcuni romanzi. Come abbiamo appena visto, la capacità dei romanzi di sviluppare la nostra sensibilità morale è strettamente legata allo stile e al contenuto del romanzo in questione, in quanto dipende dalla presentazione percettiva di scenari altamente particolarizzati. Questo può far pensare che il valore morale di un’opera possa accrescere il suo valore artistico. Le caratteristiche di valore artistico dell’opera acquistano parte del loro valore dalla capacità unica di fornire una visione morale. Se tutto questo è vero, allora può dare sostegno a visioni interazioniste come il moralismo moderato.

In secondo luogo, alcuni dei punti di vista considerati sopra si basano esplicitamente sulla capacità dell’arte di fornire conoscenza morale (o sulla sua mancanza). La difesa di Posner dell’autonomismo radicale è in parte sostenuta dalla sua negazione del fatto che le opere educano moralmente. La difesa di Kieran dell’immoralismo cognitivo si basa sull’affermazione che le opere d’arte che adottano prospettive immorali possono migliorare la nostra comprensione morale, e l’argomento cognitivo di Gaut per l’etica si basa su un presupposto simile.

Vincent Van Gogh, "I mangiatori di patate". Wikimedia Commons. Pubblico dominio.

Box 2: I mangiatori di patate di Van Gogh e la conoscenza morale
Matthew Kieran considera I mangiatori di patate di Vincent Van Gogh (1885) un’illustrazione di come le opere d’arte abbiano la capacità di favorire la nostra educazione morale (1996, 344-46). Il dipinto rappresenta dei poveri contadini riuniti per il loro misero pasto. In una lettera, Van Gogh espresse l’opinione che le immagini di contadini dipinte in uno stile rude, senza quella patina affascinante che spesso si trova nelle rappresentazioni del mondo rurale, avrebbero potuto dare alla gente un senso migliore della durezza di quello stile di vita — si confronti l’opera di Van Gogh con i dipinti di contadini di Jean-Baptiste-Camille Corot per capire il tipo di patina che Van Gogh considerava inappropriata. Secondo Kieran, la capacità di questo dipinto di migliorare la nostra comprensione morale dipende dal fatto che Van Gogh ci sta prescrivendo di immaginare cosa significhi essere dei poveri contadini che, nonostante le dure condizioni materiali, conducono la loro vita con dignità e rispetto reciproco. Kieran osserva che queste immagini prescritte sarebbero ostacolate da uno stile pittorico molto curato, che romanticizzerebbe il quadro e forse ci renderebbe ignari delle lotte delle persone che vi sono rappresentate.

Infine, ma è forse l’aspetto più interessante, Cynthia Freeland osserva che, se ammettiamo che l’arte possa cambiare la nostra visione morale, allora dovremmo essere aperti alla possibilità che il nostro giudizio sul carattere morale dell’opera d’arte sia a sua volta influenzato dall’effetto dell’opera sulla nostra sensibilità morale (1997, 18). Questo punto potrebbe essere scartato nel caso di singole opere d’arte — dopo tutto, quanto potrebbe un’opera cambiare la nostra bussola morale? Tuttavia, il suggerimento di Freeland acquista rilevanza se pensiamo a casi in cui la nostra valutazione riguarda diverse opere, tutte accomunate dalla stessa prospettiva. Immaginiamo una serie di documentari di propaganda altamente estetizzati. Al primo contatto, lo scopo problematico dei documentari si traduce in un fallimento dell’assorbimento, nel senso di Carroll: a causa della prospettiva morale dell’opera non riusciamo a rispondere ad essa nel modo previsto dal suo autore. Tuttavia, questo fallimento iniziale può essere superato dalla capacità di questi documentari di farci acquistare il loro universo morale una volta che siamo sufficientemente esposti ad essi. Una volta che l’assorbimento è riuscito, la prospettiva morale dell’opera non costituisce più un ostacolo al suo apprezzamento artistico. Questo non sarebbe ovviamente sufficiente a dimostrare che l’argomento dell’assorbimento è falso; piuttosto, dimostrerebbe che l’assorbimento è influenzato dall’effetto di un’opera sulla nostra sensibilità morale.9

Conclusione

Questo capitolo ha presentato alcuni punti di vista filosofici sul legame tra arte e morale. Soprattutto, abbiamo considerato la possibilità di valutare le opere d'arte secondo criteri morali, nonché il possibile collegamento di questa valutazione al loro valore artistico. Questo non è l'unico senso in cui le questioni morali possono essere portate alla valutazione artistica. Una questione che ha attirato molta attenzione negli ultimi anni è se le mancanze morali personali di un artista siano rilevanti per la valutazione della sua arte.10 L’indagine sul legame tra arte e morale rimane quindi un campo di ricerca filosofica aperto e produttivo.

Riferimenti bibliografici

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Note


1
In questo capitolo si discute il dibattito sull’interazione di valore come si trova nell’estetica analitica contemporanea. Per una panoramica di un dibattito simile nell’estetica cinese, si veda Peng (2016).

2 In letteratura si trovano entrambe le espressioni “valore artistico” e “valore estetico”. Per coerenza, ho scelto di usare “valore artistico” in tutto il capitolo.

3 Si veda la sezione Arte e conoscenza morale, più avanti, per il punto di vista di Posner sul perché l’arte non può educare alla moralità.

4 Per una valutazione generale delle posizioni autonomiste, si veda Clavel-Vazquez (2018).

5 Un pubblico moralmente sensibile è qualcosa di simile a un pubblico composto da persone con un senso morale medio. Vedremo, tuttavia, che questo concetto può causare alcuni problemi all’argomentazione di Carroll.

6 Per la discussione di questa obiezione, si veda Conolly (2000, 309-312).

7 Si veda Eaton (2012, 290) e Carroll (2013, 7). La difesa dell’immoralismo di Eaton, presentata di seguito, può essere considerata un perfezionamento di quella di Jacobson.

8 L'immoralismo di Eaton è stato recentemente criticato da Song (2018, 290-92).

9 Si noti come la prima obiezione di Gaut all’argomentazione di Carroll metta in discussione proprio la fiducia di Carroll in una risposta idealizzata e fissa da parte di un pubblico moralmente sensibile.

10 Risposte di principio a questa domanda sono state offerte da Wills e Holt (2017), Bartel (2019) e Harold (2020, capitolo 3). difende una posizione scettica sulla questione. Egli sostiene che le verità che l’arte dovrebbe insegnarci non possiedono le caratteristiche distintive delle verità più indubitabili, come quelle scientifiche o di buon senso. Per prima cosa, le verità ricavate dall’arte sembrano curiosamente immuni dalla contraddizione (Stolnitz 1992, 196). La poesia di William Ernest Henley Invictus (1888) sostiene che “sono il padrone del mio destino;/ sono il capitano della mia anima”. Henley sembra dire che le persone, o almeno alcune persone, hanno il pieno controllo della propria vita. Le tragedie greche, invece, sembrano sostenere che le persone non possono mai controllare il proprio destino. Secondo Stolnitz, queste contraddizioni formali non ci disturbano perché non abbiamo a che fare con proposizioni che mirano alla verità.

 

Introduction to Philosophy: Aesthetic Theory and Practice, di Andrew Broady, Elizabeth Burns Coleman, Pierre Fasula, Richard Hudson-Miles, Ines Kleesattel, Xiao Ouyang, Matteo Ravasio, Yuriko Saito, Elizabeth Scarbrough, Matthew Sharpe, Ruth Sonderegger, Valery Vino e Alexander Westenberg; a cura di Valery Vino e Christina Hendricks, prodotto con il supporto della Rebus Community. L'originale è disponibile gratuitamente con licenza CC BY 4.0 al'url: https://press.rebus.community/intro-to-phil-aesthetics. Edizione italiana a cura di Antonio Vigilante.

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