Possiamo avere un'etica senza religione? La teoria del comando divino e la teoria della legge naturale

Benvenuto Tisi detto Garofalo: Mosè. Palazzo dei Diamanti (Ferrara).

“Non commetterai adulterio.” (Esodo 20:14)

“Non ti avvicinare alla fornicazione. È davvero cosa turpe e un tristo sentiero." (Corano, sura 17: 32; trad. Hamza Roberto Piccardo)

La frustrazione suscitata dal relativismo morale e dal soggettivismo spinge alcuni pensatori a rivolgersi alla religione per ottenere giudizi morali oggettivi e universalmente vincolanti. Se riusciamo a fondare la moralità in Dio, allora essa sarà oggettiva e potremo determinare con sicurezza i nostri diritti e doveri morali. Inoltre, avremmo una risposta semplice alla domanda sul perché si dovrebbe vivere moralmente. Questo capitolo esaminerà due forme di moralità religiosa: quella del comando divino e le teorie morali della legge naturale. Vedremo che entrambe le teorie si imbattono in problemi importanti. Nella sezione finale considereremo in che modo la fede e la pratica religiosa possano comunque sostenere una vita morale.

Per la maggior parte, questo capitolo si occupa delle religioni abramitiche (ebraismo, cristianesimo e islam, che hanno tutte la loro origine nel profeta Abramo). Il riquadro A discute brevemente la religione nelle fedi non monoteiste. Le fedi abramitiche concepiscono Dio come personale, onnisciente e onnipotente. Dio è il creatore dell'universo, che dipende da Dio per la sua continua esistenza. Queste fedi ritengono anche che Dio abbia dato alcuni comandi, come quello di non commettere adulterio. L'insieme di questi comandi è il codice morale della religione. Molte persone imparano inizialmente la moralità all'interno di contesti religiosi: nelle chiese, nelle moschee, nelle sinagoghe e nei templi, così come nelle famiglie ispirate dagli insegnamenti di queste istituzioni. Spesso le persone si rimettono alle autorità o alle tradizioni religiose per quanto riguarda i dilemmi morali significativi, riguardanti sia loro vite private che le loro società, come l'aborto, la pena capitale o il vegetarianismo. Anche nelle società liberali le persone spesso consultano le autorità religiose su questioni pratiche controverse. Dato che i pensatori religiosi si occupano spesso professionalmente di questioni etiche, consultarli non sembra del tutto fuori luogo. Tuttavia, anche se riconosciamo che la religione è collegata alla moralità, ci sono questioni importanti che richiedono chiarimenti filosofici.

Iniziamo con una discussione sulla teoria del comando divino (TCD), che è una teoria metaetica - una teoria sulla natura del ragionamento etico - che considera l'obbligo morale come equivalente ai comandi di Dio e dipendente da essi. Vedremo che, nonostante alcuni meriti, la TCD è aperta a critiche serie e convincenti. Passeremo quindi alla discussione di un'altra forma di etica religiosa, la teoria della legge naturale (TLN). Anche in questo caso, pur riconoscendo alcuni pregi di questo modo di pensare la morale, vedremo che anch'essa ha delle gravi debolezze. Infine, considereremo alcuni modi in cui la fede religiosa potrebbe sostenere la vita morale, anche se la moralità non dipendesse dalla fede.

Box A: Le religioni non monoteistiche e la moralità
Le religioni abramitiche (ebraismo, cristianesimo e islam) concordano sul fatto che Dio è personale e impartisce comandi ai quali dobbiamo conformarci. Non tutte le religioni accettano questo modo di pensare; alcune sono politeiste, ritenendo che esista una pluralità di dei; altre non pensano affatto alla realtà ultima come personale. L'induismo è notoriamente difficile da definire, ma alcune forme, come l'Advaita Vedanta, ritengono che la realtà ultima non sia personale, sebbene altre, tra cui il Vishishtadvaita di Ramanuja, aderiscano a una concezione di Dio molto simile a quella delle religioni abramitiche. Alcune forme di buddhismo accettano l'esistenza degli dei, ma il buddhismo non accetta l'esistenza di un Dio permanente e indipendente che sia la fonte e il sostenitore dell'universo. La religione daoiste accettano l'esistenza del Dao, che trascende l'esperienza personale, ma è inteso in modo quasi naturalistico, come un ordine fondamentale nell'universo. Le variazioni nelle religioni non monoteiste implicano che sarebbe una follia fare affermazioni generali riguardanti l'etica all'interno di queste fedi. Detto questo, è chiaro che, in mancanza di un Dio personale, la teoria del comando divino non può applicarsi a queste religioni. Inoltre, anche la versione di Tommaso d'Aquino della teoria della legge naturale non può essere applicata, poiché dipende dalla creazione del mondo progettata da un Dio personale. Tuttavia, il daoismo, il buddhismo e alcune forme di induismo, così come alcune religioni indigene nordamericane, potrebbero essere considerati come un riflesso di versioni dell'etica della legge naturale, in quanto si basano su presunti fatti naturali sul mondo.

La Teoria del Comando Divino

La Teoria del Comando Divino (TCD) è una teoria relativamente semplice dell'obbligo morale che equipara i nostri doveri morali ai comandi di Dio:

X è moralmente obbligatorio se e solo se Dio ha comandato X. Y è moralmente proibito se e solo se Dio ha proibito Y.

Inoltre, la TCD sostiene che i comandi di Dio sono la fonte della moralità. Si consideri, ad esempio, il settimo comandamento: "non commettere adulterio". Supponendo che Dio esista e abbia effettivamente emesso questo comandamento; allora, secondo la TCD è moralmente sbagliato commettere adulterio. Se Dio non esiste o non ha impartito il comandamento, allora l'adulterio è moralmente lecito.

La motivazione alla base di questa teoria è ovvia: con le sue regole universali, la TCD risolve immediatamente le sfide del relativismo e del perché si dovrebbe essere morali (alcuni sostengono che l'idea di una moralità oggettiva abbia senso solo se esiste un Dio personale — vedi Box B). Inoltre, la TCD sottolinea l'idea che i comandi morali prevalgono su altre motivazioni come la convenienza o l'interesse personale. Altre teorie sembrano carenti sotto questi aspetti. Ad esempio, si potrebbe tentare di sostenere una norma che vieti l'adulterio per motivi consequenziali (vedi capitolo 5), sottolineando la probabilità che l'adulterio porti alla sofferenza. Tuttavia, tali ragioni saranno soggette a eccezioni: che dire delle situazioni in cui non ne deriva alcuna sofferenza? Forse si potrebbe rifiutare l'adulterio per motivi deontologici (vedi cap. 6), utilizzando ragioni kantiane riguardanti la violazione dei voti e la menzogna che si verifica tipicamente nell'adulterio, ma queste considerazioni potrebbero consentire l'adulterio nel caso di matrimoni aperti. Un'altra possibilità è che rifiutiamo l'adulterio per motivi culturali, considerandolo come ciò che "noi" non facciamo. La TCD, tuttavia, chiarisce che se Dio proibisce l'adulterio, allora esso è assolutamente sbagliato, indipendentemente dal fatto che porti o meno alla sofferenza, che violi una norma culturale o l'imperativo categorico. Inoltre, la TCD suggerisce una forte ragione per agire moralmente: la moralità è essenzialmente sottomissione all'autorità del creatore, che può punire i trasgressori.

Box B: L’argomento morale in favore dell’esistenza di Dio
La TCD cerca di equiparare la moralità ai presunti comandi di Dio. Alcuni pensatori, per esempio Robert Adams (1999), sostengono che l'esistenza di obblighi morali oggettivi è coerente solo se esiste un Dio personale. In altre parole, l'idea è che la moralità oggettiva presuppone l'esistenza di Dio o che l'esistenza di Dio sia la migliore spiegazione degli obblighi morali oggettivi. L'esame di tali argomenti, alcuni riconducibili a Immanuel Kant (1788), ci porterebbe troppo lontano dai temi centrali di questo capitolo. Tuttavia, si veda Evans (2018) per una discussione più dettagliata di questi argomenti.

La TCD è interessante perché, in contrasto con la maggior parte delle altre teorie dell'azione etica, sottolinea l' obbedienza o la sottomissione come virtù centrale; non l'obbedienza in generale, ovviamente, ma l'obbedienza a Dio e magari ai rappresentanti di Dio. L'idea di autonomia morale, di determinare la giusta linea d'azione usando la propria ragione, non viene posta in risalto. È necessario usare la ragione, forse, per determinare se un'azione rientra nell'ambito di un particolare comando, ma la virtù principale per la TCD è l'obbedienza alla volontà di Dio. Questo può essere attraente per alcune persone in quanto offre una via di fuga dalle pesanti richieste del giudizio morale; si trasferisce essenzialmente la responsabilità a un terzo. Una delle principali religioni riflette questa idea nel suo stesso nome: in arabo, "islam" significa sottomissione e un "musulmano" è colui che si sottomette (ad Allah).

Alcuni teisti (persone che credono nell'esistenza di Dio) potrebbero pensare che la TCD sia coerente con la loro visione generale del mondo. Può sembrare che se Dio ha creato il mondo e tutto ciò che esiste, allora Dio deve aver creato anche la moralità. Inoltre, se Dio è onnipotente, allora sembrerebbe che Dio possa scegliere qualsiasi moralità: siamo solo fortunati che Dio abbia scelto una moralità che facilita la prosperità umana. Tuttavia, mentre scaviamo un po' più a fondo, emergono alcuni seri problemi.

Alcuni sorgono dall'applicazione della teoria al processo decisionale pratico. Come facciamo a sapere cosa Dio ha comandato? Una delle virtù della TCD dovrebbe essere la sua chiarezza morale, ma essa non è così inequivocabile come sembra. In primo luogo, la TCD presuppone che abbiamo la religione giusta e anche che interpretiamo quella religione correttamente. Chiaramente, questo renderà molto difficile applicare la TCD a questioni che richiedono un accordo con persone di fede diversa o senza fede. In secondo luogo, come possiamo risolvere i problemi che sorgono dall'applicazione di antichi comandamenti ai problemi morali contemporanei, compresi i problemi derivanti dalla clonazione umana, dalla pornografia, dal suicidio assistito o dalle armi nucleari? Come minimo, dovremo usare la nostra capacità di giudizio per determinare che cosa Dio, in base ai suoi comandamenti, avrebbe comandato in questi casi, ma questo renderebbe l'obbedienza meno chiara. Terzo, a peggiorare le cose, Dio ha emesso molteplici comandi, che a volte portano a dilemmi in cui ci viene comandato di compiere due azioni incompatibili. E se l'unico modo per "onorare i tuoi genitori" fosse "rendere falsa testimonianza" o se osservare il santo sabato richiedesse di violare il dovere di onorare i tuoi genitori? I sostenitori della TCD possono sviluppare risposte a questi problemi relativi all'applicazione delle norme, ma il costo sarà che la teoria perderà la sua semplicità, una delle sue principali attrazioni. Tuttavia, anche se mettiamo da parte queste critiche e concordiamo sul fatto che sappiamo che Dio ha, ad esempio, proibito l'adulterio, rimane una critica ancora più fondamentale alla TCD.

La critica è talvolta chiamata il "dilemma di Eutifrone", come è espresso nel dialogo di Platone Eutifrone (vedi il Box C). Per comprenderla, supponiamo che Dio esista e abbia proibito l'adulterio. Quindi, secondo la TCD, l'adulterio è immorale. Tuttavia, l'adulterio è immorale perché Dio lo vieta? O Dio proibisce l'adulterio perché è immorale? Qualunque sia la nostra risposta, sorgono problemi.

Box C: Il dilemma di Eurifrone
L'Eutifrone di Platone è scritto nel contesto della religione politeista e riguarda l'idea di pietà o santità, che potrebbe non essere esattamente la stessa cosa dell'idea di correttezza morale o di bene morale. In un dialogo con Eutifrone, i partecipanti indagano sulla natura della pietà. Quando Eutifrone soste che la pietà è ciò che gli dei approvano, Socrate (dopo aver riflettuto sulla questione dei disaccordi tra i vari dei) chiede se X è pio perché gli dei approvano X, o se gli dei approvano X perché X è pio. La domanda è un perla filosofica: Socrate sta esprimendo un enigma che viene spesso chiamato dilemma perché nessuna delle due opzioni è soddisfacente per il credente.

Da un lato, se Dio vieta l'adulterio perché è immorale, allora Dio ha ragioni per questo comando1. Si potrebbe supporre che Dio sia ampiamente consequenzialista e vieti l'adulterio a causa delle cattive conseguenze a cui porta. O forse Dio proibisce l'adulterio perché viola una promessa tipicamente fatta nei voti matrimoniali, una considerazione che potremmo esprimere in termini largamente kantiani. In ogni caso, se Dio fa appello ai principi consequenzialisti o kantiani, ne consegue che, almeno in teoria, gli esseri umani potrebbero determinare che l'adulterio è immorale senza la conoscenza dei comandi di Dio. Questa risposta al dilemma di Eutifrone implica che la fonte della moralità non sono i comandi di Dio; sebbene questi comandi possano essere utili, sono logicamente ridondanti: i nostri doveri morali sono equivalenti ai comandi di Dio, ma non sono basati sui comandi di Dio. Di conseguenza, assumere questa posizione sul dilemma di Eutifrone implica che la moralità sia logicamente indipendente da Dio.

Si noti che questa risposta non nega né che Dio vieti l'adulterio, né che l'adulterio sia immorale. Sostiene piuttosto che c'è una ragione profonda per il comando che vieta l'adulterio. Se Dio applica la ragione perfetta per determinare quali azioni sono proibite o richieste, allora i principi su cui Dio fa affidamento sono la fonte ultima dell'obbligo morale.

Tuttavia, possiamo riconoscere che la ragione umana è spesso imperfetta, miope o eccessivamente egocentrica. Le conseguenze delle nostre azioni sono spesso imprevedibili,2 ma l'onniscienza di Dio permette previsioni più accurate, se non perfette, di esse.3 Quindi, sebbene in un certo senso ridondanti, i comandi di Dio non dovrebbero essere ignorati; si basano su una ragione e una conoscenza superiori, e quindi possono essere una fonte di conoscenza morale più affidabile della nostra stessa ragione — è questo ciò che si chiama provvidenza di Dio. Tuttavia, se si risponde al dilemma di Eutifrone affermando che Dio proibisce l'adulterio perché è immorale, si rifiuta di fatto la TCD. Significherebbe che i comandi di Dio sono basati sulla moralità. Ma dal punto di vista della TCD questo non può essere vero.

Supponiamo d'altro lato di affermare che l'adulterio sia immorale perché Dio lo proibisce. Quindi, dal nostro punto di vista umano, è oggettivamente sbagliato commettere adulterio, ma dal punto di vista di Dio non c'è alcuna ragione morale per vietare l'adulterio. Se Dio ha una ragione per vietare l'adulterio, allora stiamo insinuando l'esistenza di un'altra fonte di moralità, riportandoci così all'opzione dell'indipendenza. Tuttavia, se l'adulterio è sbagliato perché Dio lo proibisce, allora dobbiamo accettare che i comandamenti di Dio sono arbitrari. Dio proibisce l'adulterio, potremmo dire, ma avrebbe anche potuto permetterlo in giorni speciali, diciamo, nel giorno del proprio compleanno o ogni tanto. Per quanto bizzarre sembrino queste opzioni, sono ammissibili dal punto di vista di Dio. Il fatto che consideriamo queste opzioni "bizzarre" è un segno che presupponiamo che ci siano ragioni per rifiutare l'adulterio che non hanno nulla a che fare con i comandi di Dio.

Quindi, le opzioni sembrano essere che Dio abbia ragioni per impartire comandi o che Dio non ne abbia. Se Dio ha delle ragioni, allora sembra che siamo costretti ad ammettere alcuni principi più profondi su cui si basano i comandi di Dio. Questa è l'opzione dell'indipendenza. Se Dio non ha ragioni per i comandi, allora i comandi sono arbitrari. Nessuna delle alternative è attraente, dandoci così motivo di rifiutare la TCD. Tuttavia, alcuni pensatori, tra cui il filosofo cristiano William Lane Craig, sostengono che l'Eutifrone presenta un falso dilemma, che è un errore di presumere che ci siano solo due opzioni quando in realtà ce ne sono di più.

Craig sostiene che Dio è essenzialmente buono, il che significa che la bontà fa parte della natura di Dio:

C'è una terza alternativa, vale a dire che Dio vuole qualcosa perché è buono. Cosa intendo con questo? Voglio dire che la natura stessa di Dio è lo standard della bontà e i Suoi comandamenti per noi sono espressioni della Sua natura. In breve, i nostri doveri sono determinati dai comandi di un Dio giusto e amorevole. (Craig 2010, 135-6)

Craig sostiene che le regole morali non sono né indipendenti da Dio, né arbitrarie. Il comando di non commettere adulterio si basa sulla stessa bontà di Dio; non è quindi arbitrario. Né il comando è indipendente da Dio, poiché è solo attraverso la buona natura di Dio che il comando accade.

In risposta, possiamo notare che l'affermazione che Dio è lo "standard di bontà" non sfugge al problema. Si consideri l'affermazione di Craig secondo cui Dio è "giusto e amorevole". Se si dice questo di una qualsiasi persona, allora l'affermazione ha senso; questa persona soddisfa gli standard indipendenti dell'essere amorevole e giusto. Tuttavia, se "la natura stessa di Dio è lo standard della bontà", allora dire che Dio è "giusto e amorevole" significa che qualunque cosa Dio faccia sarebbe ugualmente giusta e amorevole. Questa sembra essere l'opzione dell'arbitrarietà, anche se in forma mascherata. Quindi, non è chiaro come l'idea di Craig presenti una terza opzione.

Una risposta più forte e più sottile al dilemma dell'Eutifrone viene dal lavoro di Robert Adams (1979), che ha proposto una versione meno estrema della TCD, che chiama Teoria del Comando Divino Modificata (TCDM). Ricordiamo che la TCD sostiene che dire X è moralmente sbagliato significa dire che Dio ha proibito X. In genere si ritiene che questo implichi che i comandi di Dio sono la fonte dei nostri obblighi morali. In effetti, è così che abbiamo considerato la teoria finora. Tuttavia, Adams interpreta la TCD come un'articolazione dell'equivalenza tra i nostri obblighi morali e i comandi di un Dio amorevole. Quindi, dire che non si deve commettere adulterio è dire che un Dio amorevole ci comanda di non commettere adulterio. La TCDM di Adams non insiste sul fatto che i comandi di Dio siano la fonte dell'obbligo morale. In effetti, la posizione di Adams parte da una posizione di fiducia nei fatti morali di base, come l'erroneità di causare sofferenze inutili, sostenendo che l'esistenza di un Dio amorevole e intelligente è la migliore spiegazione per quei fatti morali oggettivi.

La TCDM di Adams è un esempio di come le teorie filosofiche rispondono a critiche come il dilemma di Eutifrone. Adams accetta che l'arbitrarietà di Dio non sia tollerabile, ma non rinuncia del tutto alla TCD. Piuttosto, reimmagina la teoria come se insistesse sull'identità delle regole morali con i comandi di Dio, ma rinuncia all'idea che la fonte della moralità risieda nei comandi arbitrari di Dio. La strategia è promettente, ma dobbiamo notare che Adams ha rinunciato all'idea che l'adulterio, ad esempio, sia sbagliato perché Dio lo proibisce.

La Teoria della Legge Naturale

La TCD è ancora oggi adottata da alcuni pensatori teisti, spesso in una forma modificata come quella di Craig o Adams. Tuttavia, molti teisti sostengono una diversa concezione del rapporto tra Dio e la moralità. Un'importante tradizione morale teistica è la Teoria della Legge Naturale (TLN). Questo approccio alla moralità non nega che Dio emetta comandi, ma considera invece la moralità implicita nella creazione dell'universo e degli esseri umani razionali da parte di Dio. L'idea è che l'universo sia stato creato da Dio in modo che ogni cosa abbia uno scopo naturale. Questi scopi possono essere determinati da un attento studio, usando la nostra ragione. Dalla conoscenza degli scopi propri degli oggetti, possiamo identificare i modi corretti per interagire con il mondo e tra di noi.

La teologia morale di Tommaso d'Aquino (1225-1274 d.C.) contiene una versione influente della TLN. Tommaso d'Aquino trae la sua concezione metafisica da Aristotele (384-322 a.C.). Per quest'ultimo, comprendere un oggetto richiede la conoscenza di quattro aspetti. Dobbiamo sapere di cosa è fatto (la sua causa materiale), la sua forma (la sua causa formale), la sua origine (la sua causa efficiente) e la sua funzione (la sua causa finale). Si consideri la pioggia, per esempio. La causa materiale della pioggia è l'acqua; la sua causa formale sono le goccioline di liquido che cadono dalle nuvole; la sua causa efficiente è la condensazione del vapore insieme alla forza di gravità. La sua causa finale può essere pensata come la sua funzione di bagnare le piante e riempire i ruscelli e i laghi da cui beviamo. La scienza oggi è progredita molto rifiutando le cause finali, ma per secoli la scienza occidentale è stata influenzata dall'idea aristotelica che per capire X dobbiamo sapere quale è lo scopo di X. In termini aristotelici, la funzione di un oggetto sarà intesa come il modo in cui svolge le funzioni all'interno del sistema a cui appartiene: i denti ci permettono di masticare il cibo, il cuore funziona come una pompa per far circolare il sangue. La TLN piega facilmente l'idea della funzione di un oggetto con il suo scopo, il che suggerisce ulteriormente come dovrebbe essere utilizzato. In breve, ci sono tre componenti di questo approccio alla moralità:

  • Dio ha creato l'universo, inclusi gli esseri umani e altri oggetti, in modo tale che perseguano scopi.
  • Lo scopo degli oggetti nel mondo può essere individuato mediante la ragione naturale, di cui Dio ha dotato gli esseri umani.
  • Lo scopo per cui Dio ha creato un oggetto ne determina l'uso corretto.

Il risultato è che la nostra capacità di discernere gli scopi di Dio nella creazione ci fornisce la consapevolezza dei nostri obblighi etici. Uno dei punti di forza della TLN è che ci permette di percepire i propositi di Dio senza conoscere i comandi di Dio, o addirittura senza credere che Dio esista.

Ad esempio, la nostra ragione ci permette di identificare che i nostri organi sessuali hanno la funzione di riprodurre la nostra specie. Per Tommaso d'Aquino ogni cosa può avere una sola causa finale. Quindi, la riproduzione è il motivo per cui Dio ci ha dotati dei nostri organi sessuali. Se gli organi sessuali sono creati esclusivamente per soddisfare i bisogni riproduttivi, sarebbe sbagliato usarli per altri scopi. In generale, il sesso per piacere diventa problematico, ma soprattutto quando la riproduzione è impossibile o ostacolata; quindi, gli atti omosessuali, il controllo delle nascite meccanico o chimico e la masturbazione sono tutti esclusi per questo motivo. Questi atti usano gli organi sessuali in modi che non potrebbero portare alla riproduzione. Se aggiungiamo l'intuizione che il matrimonio funziona per fornire uno sfogo legittimo ai bisogni sessuali e come uno spazio per la crescita i figli, allora sarà chiaro che anche il sesso adultero sarà sbagliato.

La versione di Tommaso d'Aquino della TLN è chiaramente teistica, poiché presuppone l'esistenza di un progettista intelligente dell'universo che ci ha dotati della capacità di discernere la legge naturale. Tuttavia, non sostiene che gli atti siano giusti o sbagliati secondo i comandi arbitrari di Dio. Invece, assume la posizione secondo la quale quando Dio ci comanda di fare X, è perché X è giusto. Inoltre, non abbiamo bisogno di credere in Dio per sapere cosa è giusto o sbagliato. Chiunque, teista o meno, è in grado di identificare le leggi di natura che governano la moralità, perché queste sono implicite nella natura stessa. Perché allora Dio dovrebbe darci dei comandamenti?

Uno dei motivi è che Dio è in grado di identificare infallibilmente le conseguenze delle nostre azioni. Gli esseri umani possono prevedere le conseguenze delle loro azioni ("se sparo a un uomo, allora probabilmente morirà"), ma l'onniscienza di Dio implica una predizione infallibile. Dio è inoltre in grado di anticipare le conseguenze delle nostre azioni nell'aldilà. Inoltre, mentre il ragionamento di Dio è impeccabile, il nostro stesso ragionamento è soggetto a errore, quindi possiamo usare i comandi di Dio come un sistema che ci consente in modo affidabile di determinare la giusta linea di condotta. Quindi, se Dio ci ha comandato di fare X, allora secondo la TLN dobbiamo fare X.

Tuttavia, la TLN è problematica. In primo luogo, presuppone un modello di spiegazione in contrasto con il ragionamento scientifico oggi prevalente. La scienza può procedere senza identificare scopi in natura. In effetti, l'inizio della rivoluzione scientifica dipende dal rifiuto dell'insistenza sulle cause finali aristoteliche. È vero che ci sono esempi di ragionamento funzionalista in alcune aree della vita e delle scienze umane, come quando diciamo che il cuore funge da pompa, ma c'è una differenza significativa tra la funzione di un oggetto e il suo scopo. Quest'ultima idea presuppone un'intelligenza che crea o guida l'oggetto in questione. In secondo luogo, l'idea della funzione di un oggetto non è così chiara come suggerisce la teoria. Anche se consentiamo che il sesso sia per la riproduzione, non ne consegue che sia solo per la riproduzione, o che non possa essere utilizzato per altri scopi. Il sesso potrebbe essere usato per aumentare l'intimità, o forse solo come una forma di divertimento, anche se ammettiamo che abbia anche la funzione di riproduzione. Alcuni fautori della TLN risponderanno a questa linea di pensiero in modi interessanti, sviluppando, ad esempio, una dottrina del doppio effetto (vedi Box D).

Box D: La dottrina del doppio effetto
La dottrina del doppio effetto fu originariamente proposta da Tommaso d'Aquino nella Summa Teologica (II-II, Qu. 64, Art.7) in difesa dell'uccisione di un'altra persona per legittima difesa. L'idea di base è che va bene uccidere un aggressore per autodifesa, a condizione che non si intenda uccidere: l'uccisione deve essere un effetto collaterale della propria azione, non la sua intenzione. Questa dottrina è spesso applicata nei casi di cure di fine vita, dove magari si agisce per alleviare il dolore in un paziente, ma l'azione ha la conseguenza prevedibile, anche se non intenzionale, di causare la morte del paziente. Vedi McIntyre (2014) per una discussione di questa dottrina.

Una terza e decisiva sfida alla TLN è che essa commette la fallacia naturalistica. Il filosofo britannico G. E. Moore (1873-1958), che ha introdotto il termine, sostiene che è fallace dedurre affermazioni su ciò che è buono o giusto (proprietà morali) da affermazioni sulle proprietà naturali (Moore [1903] 2004). Moore ha fatto l'esempio dell'inferenza del buono da ciò che è piacevole. In precedenza, David Hume (1711-1776) ha sostenuto che le affermazioni su ciò che dovrebbe accadere non possono essere dedotte dalle affermazioni che descrivono il mondo; non possiamo dedurre un'affermazione "dovrebbe" da affermazioni su ciò che puramente "è" (Hume [1739] 2001). Le importanti differenze tra le posizioni di Hume e Moore non ci riguardano qui; quello che dobbiamo notare è che secondo TLN noi descriviamo il mondo in termini puramente naturalistici, e da qui traiamo conclusioni su come dovrebbe essere il mondo. Osserviamo, ad esempio, che il sesso ha un ruolo essenziale nella riproduzione, quindi deduciamo qualcosa sul ruolo proprio del sesso. Se Hume o Moore hanno ragione, tali inferenze sono illegittime, perché le conclusioni delle nostre inferenze includono concetti che non sono impliciti nelle premesse. La critica, nei termini di Moore, è che la TLN implica che la bontà o la correttezza siano proprietà naturali, mentre in realtà sono proprietà di un tipo completamente diverso.

Morale religiosa

Finora abbiamo considerato la relazione tra Dio e il contenuto dei nostri obblighi morali, le regole effettive chesi occupano delle azioni che dovremmo compiere. Tuttavia, anche se concludessimo che i nostri doveri morali sono indipendenti dalla fede religiosa, potremmo comunque insistere sul fatto che la fede religiosa contribuisce a vivere una vita morale. In altre parole, la pratica religiosa potrebbe sostenere la nostra vita morale in modi che sono indipendenti dalla determinazione del modo in cui dovremmo agire.

Un punto ovvio è che la paura della punizione divina fornisce una potente motivazione per fare la cosa giusta. Chiaramente, se l'unico motivo per cui non si cede alla tentazione di uccidere è la paura dell'inferno, possiamo essere contenti di avere quelle credenze religiose! Tuttavia, sembra che la moralità richieda di fare la cosa giusta per la giusta ragione, quindi si potrebbe insistere sul fatto che tale azione non è veramente un'azione morale.

Più interessante è il fatto che la fede e la religione sono più complesse della semplice adesione a un insieme di dottrine. Di solito le religioni sono istituzioni sociali che hanno una lunga storia che include storie di eroi morali (santi, profeti, ecc.) che contribuiscono alla nostra comprensione morale. Inoltre, le religioni di solito forniscono codici morali che ci impongono di andare oltre le consuete esigenze della moralità del tempo, come quando il Corano ci consiglia di cercare la conoscenza (Sura 20:114) o di apprezzare la diversità (Sura 49:13). Il Buddha ci consiglia di sviluppare compassione e Cristo esige che amiamo il nostro prossimo; Guru Nanak insiste sull'uguaglianza delle donne fin dall'inizio della fede sikh. Anche se gli aderenti spesso non sono all'altezza di questi ideali, le idee ci incoraggiano ad andare oltre ciò che ci si aspetta tipicamente dalle persone, in alcuni casi, aiutandoci a riconcepire le nostre relazioni morali con coloro che sono stati tradizionalmente esclusi dal nostro pensiero morale.

Dobbiamo anche riconoscere che, in quanto istituzioni sociali, le religioni forniscono sostegno agli altri, sia all'interno che all'esterno della religione. Le religioni offrono enti di beneficenza che supportano l'alleviamento della povertà, come World Vision o la Fondazione Aga Khan. Queste stesse associazioni di beneficenza offrono agli aderenti opportunità di fare la differenza morale nel mondo. Tale lavoro volontario permette all'individuo di sviluppare sensibilità morale e persino coraggio. Ciò permette spesso all'aderente di fuggire da quell'egocentrismo che caratterizza gran parte della vita contemporanea. Il grande filosofo della religione del ventesimo secolo John Hick (2005) pensa che le religioni si occupino principalmente di fornire mezzi attraverso i quali andare oltre l'egocentrismo.

Un'altra idea interessante da considerare è quella che Robert Adams (1979) chiama il problema della “demoralizzazione” senza religione. Adams, attingendo ad alcune idee enigmatiche de La religione entro i limiti della sola ragione di Kant ([1793] 2001), suggerisce che l'agente morale deve avere la sensazione che le sue azioni morali saranno efficaci — "contribuire a una buona storia del mondo” — ma questo presuppone “un ordine morale dell'universo”. Un tale ordine, sostiene, è meglio, ma non esclusivamente, offerto da una credenza religiosa teistica.

L'idea è che quello presentatoci dalla comprensione scientifica contemporanea sia un mondo moralmente indifferente, in cui l'agente non ha alcuna garanzia che le cose alla fine funzioneranno, che i propri sforzi morali non saranno vani. Un tale mondo è demoralizzante in quanto porta a interrogarsi sul senso della vita morale. Il mondo che ci viene presentato dalla maggior parte delle religioni teistiche è quello in cui la vita morale, almeno in ultima analisi, porterà a un mondo migliore, per se stessi e per gli altri. In quanto tali, le religioni rendono più attraenti i sacrifici, le richieste e le frustrazioni della vita morale.

In risposta, possiamo essere d'accordo con Adams sul fatto che la religione potrebbe rendere la vita morale più attraente per alcune persone, ma insistere sul fatto che la sua argomentazione non supporta la posizione più forte secondo cui vivere moralmente richiede la fede religiosa. Chiaramente, ci sono milioni di persone che vivono le loro vite morali senza la certezza di un ordine morale nell'universo determinato dalla religione.

Box E: Religione e violenza
È anche possibile che le religioni spingano verso la violenza, il fanatismo e la violazione dei diritti umani. Già nell'antichità il poeta e filosofo epicureo Lucrezio affermava nel suo De Rerum Natura che la religione spinge a compiere crimini orribili, considerando quale esempio il sacrificio di Ifigenia. Nel seicento il curato Jean Meslier lasciò, alla sua morte, un lungo testamento che è uno dei testi fondamentali dell'ateismo occidentale. In esso accusava le religioni, e in particolare quella cristiana, di essere null'altro che uno strumento nelle mani delle classi dominanti per sottomettere attraverso l'inganno le classi povere. L'accusa alle religioni di favorire e giustificare l'oppressione sociale è legata soprattutto al nome di Karl Marx. Per il filosofo tedesco le religioni sono una forma di ideologia, sistemi di credenze che hanno lo scopo di mantenere l'oppressione sociale e di far credere che essa sia stabilita e voluta da Dio, impedendo che gli oppressi si ribellino. Nel corso del Novecento organizzazioni religiose come la Chiesa cattolica hanno sostenuto apertamente regimi fascisti come quelli di Mussolini in Italia, di Francisco Franco in Spagna e di Augusto Pinochet in Cile, ma il cristianesimo, attraverso la Teologia della liberazione, ha ispirato in Sudamerica anche lotte di liberazione popolare. In diversi Paesi del mondo una forte presenza della religione si accompagna spesso a violazioni dei diritti umani di alcuni soggetti, come le donne o le persone omosessuali. Inoltre diverse organizzazioni religiose si sono rese responsabili di crimini particolarmente odiosi, come la pedofilia; solo in Francia sono state accertate più di trecentomila violenze sessuali ai danni di minori da parte del clero cattolico.

Riferimenti bibliografici

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Adams, R. M. Finite and Infinite Goods Oxford University Press, New York 1999.

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Note


1
 Si noti che la versione coranica della regola contro l'adulterio suggerisce che Dio proibisca l'adulterio per ragioni ben precise. 
2 La mancanza di indizi è un problema ben noto delle teorie consequenzialiste. Si veda H. Greaves, “Cluelessness”, in Proceedings of the Aristotelian Society, 116(3), 2016, pp. 311-339. 
3 Un problema interessante è questo: se Dio ha assoluta conoscenza del futuro, è vero che gli esseri umani hanno il libero arbitrio? I teisti si scontrano su questo tema. 

 

Traduzione di Antonio Vigilante.

 

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