Mencio contro Mozi: amore universale o amore graduato?

[Mencio]

 

Considerato il “secondo Confucio”, Mencio difende il pensiero del Maestro dalle critiche di Mozi. Pur avendo gli stessi scopi umanitari di quest’ultimo, ne critica in particolare l’universalismo, la sua convinzione che sia auspicabile e possibile avere una uguale considerazione per tutti gli esseri umani, senza alcuna distinzione tra persone vicine e lontane, membri della propria famiglia ed estranei. Questa concezione attaccava uno dei punti fondamentali del confucianesimo: la pietà filiale. La famiglia è il fondamento del confucianesimo; affermare che occorre considerare tutti gli esseri umani allo stesso modo implica che i genitori non abbiano alcuna rilevanza particolare. A Mencio la tesi di Mozi appare astratta. Possiamo davvero credere che qualcuno possa considerare i propri figli non diversamente dai figli dei propri vicini, o addirittura dei figli di persone estranee? Si tratta evidentemente di una posizione intellettualistica.

Mencio non afferma tuttavia che l’amore debba essere limitato alle persone care. Se così fosse, la bontà originaria dell’essere umano avrebbe dei limiti evidenti. Per tornare al suo esperimento mentale, se proviamo raccapriccio alla vista di un bambino che sta per cadere in un pozzo, è evidente che ci sta a cuore la vita di qualsiasi bambino. Ma non è possibile ritenere che la vista del proprio figlio che sta per cadere in un pozzo susciti le stesse emozioni della vista di un bambino estraneo.

Mencio contrappone a Mozi la tesi dell’amore graduato. Esiste un tipo di amore, più intenso, che riguarda le persone a noi più vicine. La nostra natura altruistica ci spinge a provare sentimenti di benevolenza anche per chi è al di fuori della nostra famiglia e per gli altri in generale. Si tratta tuttavia di una forma di amore diverso, che non può paragonarsi per intensità a quello che proviamo per i nostri cari.

 

Testo di Antonio Vigilante. Licenza CC BY-SA 4.0 International.