Lo sguardo dei bambini

[Michelstaedter]

Ai bambini, più che agli adulti, appare la trama minacciosa del reale. Crescendo impareranno ad addomesticarla con un sistema di rassicurazioni che comprende anche la fede religiosa, senza però che ciò possa impedirne del tutto la ricomparsa.

Al disotto della superficialità del suo piacere egli sente il fluire di ciò che è fuori della sua potenza e che trascende la sua coscienza. La trama nota (finita) dell’individualità illusoria che il piacere illumina, non è fitta così che l’oscurità dell’ignoto (infinito) non trasparisca. E il suo piacere è contaminato da un sordo e continuo dolore la cui voce è indistinta, che la sete della vita, nel giro delle determinazioni, reprime. Gli uomini hanno paura del dolore, e per sfuggirlo gli applicano come empiastro la fede in un potere adeguato all’infinità della potenza ch’essi non conoscono, e lo incaricano del peso del dolore ch’essi non sanno portare. Il dio che onorano, cui dànno tutto, è il dio della φιλοψυχία, è il piacere: questo è il dio familiare, il caro l’affabile il conosciuto. L’altro l’hanno creato e lo pagano, perchè s’incarichi di ciò che ogni volta trascendendo la potenza del singolo, apparisce ad ognuno come il caso, e sorvegli la casa mentre essi banchettano e volga tutto al meglio.

Anche questo abilmente ha macchinato il dio familiare per meglio aver in sua mano gli uomini. “Se tu ci sei”, egli soffia all’orecchio d’ognuno, “sei ben certo per lo meglio, e bisogna ormai che quella Provvidenza che t’ha messo al mondo, provveda a ciò che tu sia sicuro in questo mondo fatto per te, e purché tu viva contento non te ne incaricare”. Ma la sorda voce dell’oscuro dolore non però tace, e più volte essa domina sola e terribile nel pavido cuore degli uomini.

 

Come quando affievolendosi la luce nella stanza, l’imagine delle care cose onde il vetro vela l’oscurità esterna, si fa più tenue, e più visibile si fa l’invisibile; cosi, quando la trama dell’illusione s’affina si disorganizza si squarcia, gli uomini, fatti impotenti, si sentono in balia di ciò che è fuori della loro potenza, di ciò che non sanno: temono senza saper di che temono. Si trovano a voler fuggire la morte senza più aver la via consueta che finge cose finite da fuggire, cose finite cercando.

I bambini, quasi vite in provvisorio, hanno molto meno definita la trama, molto più varia e disordinata, qui densa e luminosa, li sottile e oscuro-trasparente. Essi hanno gioie vive che gli uomini non conoscono più, e molto più spesso che gli uomini sono in balia di questi terrori. Nelle tregue delle loro imprese, dei loro piani, quando sono soli, e da nessuna cosa di ciò che li attornia sono attratti o a frugare o a rubare o a rompere o a discorrere o a tutte quelle altre loro occupazioni, si trovano con la piccola mente a guardare l’oscurità. Le cose si sformano in aspetti strani: occhi che guardano, orecchi che sentono, braccia che si tendono. Si sentono sorvegliati da esseri terribilmente potenti e che vogliono il loro male. Non fanno più un gesto senza riflettere ad “Essi”. Se adesso fanno un gesto con una mano, lo devono far anche con l’altra. È un ghigno sarcastico e una minaccia in tutte le cose. “Essi vogliono ch’io lo faccia — ma io non Io farò, non obbedirò. Ma non lo faccio allora solo perchè penso a Loro — allora lo faccio....”. Quando passano una camera oscura sembra ai bambini che questi Essi gridino mille voci, che con mille mani li abbranchino, che in mille guizzi ghigni il sarcasmo nell’oscurità, si sentono succhiati dall’oscurità; fuggono folli di terrore e gridano per stordirsi.

Poi la vita s’incarica di stordirli. L’essere vivi si fa un’abitudine. Le cose che non attraggono non si guardano più, le altre sono strettamente concatenate. La trama si fa uguale — il bambino si fa uomo. Le ore degli spaventi sono ridotte al sordo continuo misurato dolore che stilla sotto a tutte le cose. Ma quando per ragioni che non stanno in loro il lembo della trama si solleva, anche gli uomini conoscono le spaventevoli soste. Li visitano i sogni nel sonno — quando rilassato l’organismo vive l’oscuro dolore delle singole determinazioni impotenti ognuna per sè di fronte a ogni contingenza, per cui, fatta più sottile la trama dell’illusione, più minacciosa appare l’oscurità.

 

Carlo Michelstaedter, La persuasione e la rettorica, Formiggini, Genova 1913, pp. 19-21. Pubblico dominio.