La missione di Socrate

[Socrate]

In questo passaggio del suo discorso difensivo Socrate illustra la sua missione ad Atena con l’immagine di un tafano che pungola un cavallo di razza.

Infatti, se mi mettete a morte, non troverete facilmente un altro, che, per quanto sembri ridicolo a dirsi, si attacca alla città come un tafano a un cavallo, che, pur essendo grande e ben allevato, è pigro a causa della sua mole e ha bisogno di essere stuzzicato con le punzecchiature. Credo che il dio mi abbia legato alla città in qualche modo, e io vado in giro ad eccitare, sollecitare e rimproverare ciascuno di voi, appostandomi ovunque per tutto il giorno.

Non è probabile che vi capiti un’altra cosa del genere, signori; ma se seguirete il mio consiglio, mi risparmierete.

Ma forse vi arrabbierete, come chi si risveglia da un sonno, e mi colpirete, come chiede Anito,1 e mi condannerete a morte facilmente; allora passerete il resto della vostra vita nel sonno, a meno che Dio, nella sua cura per voi, non mandi qualcun altro a pungolarvi.

E che io sia, come dico, una specie di dono del dio, lo si può capire da questo; infatti ho trascurato tutti i miei affari e ho sopportato l’abbandono i miei interessi per tutti questi anni, ma sono sempre occupato dei vostri, venendo da ciascuno di voi individualmente come un padre o un fratello maggiore ed esortandovi a curare la virtù; ora, questo non è un comportamento umano.

Se ne ricavassi un qualche profitto e ricevessi una retribuzione per queste esortazioni, ci sarebbe un senso; ma ora voi stessi vedete che i miei accusatori, pur accusandomi di tutto il resto in modo così spudorato, non sono riusciti a raggiungere un tale livello di sfacciataggine da produrre un testimone che attesti che io abbia mai preteso o chiesto compensi a qualcuno.

Penso infatti di avere un testimone sufficiente per dire la verità: la mia povertà.

1 Uno degli accusatori di Socrate.

Platone, Apologia di Socrate, 30E-31C. Traduzione di Antonio Vigilante. Licenza CC BY-SA 4.0 International.