Importanza del lavoro manuale

[Socrate]

In dialogo con l’amico Aristarco, di cui non sappiamo nulla, Socrate attacca la convinzione diffusa al suo tempo secondo la quale i lavori manuali non sono degni di persone libere.

Le afflizioni dei suoi amici che derivavano dall’ignoranza cercava di curarle con i consigli, quelle che erano dovute alla povertà dicendo loro come aiutarsi l’un l'altro secondo le loro forze. Anche su questo argomento dirò ciò che so di lui.

Un giorno, notando che Aristarco aveva un’aria triste, disse: “Aristarco, mi sembra che tu abbia un peso sulla mente. Dovresti renderlo partecipe ai tuoi amici; forse potremmo fare qualcosa per alleviarti”.

“Ah sì, Socrate”, rispose Aristarco, “sono in grande difficoltà. Da quando c’è stata la sollevazione nella città c’è stato un esodo verso il Pireo e una folla di mie donne, lasciate qui, sono venute da me, sorelle, nipoti e cugine, tanto che in casa siamo quattordici senza contare gli schiavi. Non ricaviamo nulla dalla nostra terra, perché i nostri nemici se ne sono impadroniti, e nulla dalla proprietà della casa, ora che ci sono così pochi abitanti in città. I beni mobili non trovano acquirenti e non è possibile ottenere prestiti da nessuna parte. Penso proprio che cercandolo per strada si avrebbero risultati migliori di una richiesta di prestito. È difficile, Socrate, lasciar morire la propria gente, ma è impossibile mantenerne così tanta in tempi come questi”.

Quando Socrate sentì questo, chiese: “Come mai, con tante bocche da sfamare, Ceramone non solo riesce a provvedere ai bisogni suoi e della sua famiglia, ma addirittura risparmia abbastanza da diventare un uomo ricco, mentre voi, con tante bocche da sfamare, temete di morire tutti di fame?”. “La spiegazione, naturalmente, è questa: i miei dipendenti sono liberi, i suoi sono schiavi.”

“E secondo voi quali sono i migliori, i suoi schiavi o i vostri liberi?”

“I miei liberi, credo.”

“Allora non è vergognoso che tu, con i tuoi liberi, sia in difficoltà, mentre lui si mantiene nell’agiatezza grazie alla sua famiglia più meschina?”

“Certo, i suoi dipendenti sono artigiani, mentre i miei hanno ricevuto un'educazione liberale.”

“Cos'è un artigiano? Uno che sa produrre qualcosa di utile?”

“Certamente.”

“Le semole sono utili?”

“Sì, molto.”

“E il pane?”

“Non meno.”

“E i mantelli da uomo e da donna, le camicie, i mantelli, le camicie?”

“Sì, anche queste cose sono molto utili.”

“Allora i membri della sua famiglia non sanno fare nessuna di queste cose?”

“Credo che sappiano farle tutte.”

“Non sai, allora, che fabbricando uno di questi prodotti, cioè le semole, Nausicide mantiene non solo se stesso e la sua famiglia, ma anche grandi mandrie di suini e di bovini, e ha così tanto da parte che spesso si impegna in costosi incarichi pubblici; che Cirebo nutre bene tutta la sua famiglia e vive nel lusso cuocendo il pane, Demea di Collytus fabbricando mantelli, Menone fabbricando mantelli; e la maggior parte dei Megari si guadagna da vivere con le camice?”

“Sì, certo; perché comprano schiavi stranieri e possono costringerli a fare ciò che conviene, ma la mia famiglia è composta da liberi e parenti.”

“E quindi, solo perché sono liberi e parenti tuoi, pensi che non debbano fare altro che mangiare e dormire? Trovate che gli altri liberi che fanno questo tipo di vita stiano meglio e siano più felici di quelli che sono impiegati in un lavoro utile e comprensibile? Oppure, secondo la vostra esperienza, l’ozio e la noncuranza aiutano gli uomini a imparare ciò che dovrebbero sapere e a ricordare ciò che imparano, a rendersi sani e forti e a ottenere e conservare cose di utilità pratica, mentre l’industria e la prudenza sono cose inutili? Quando queste donne hanno imparato il lavoro che, come dici, conoscono, perché lo consideravano di nessuna utilità pratica e non avevano intenzione di intraprenderlo, oppure intendevano occuparsene e trarne qualche beneficio? Che cosa rende gli uomini più prudenti, l’ozio o un lavoro utile? Cosa rende gli uomini più giusti, il lavoro o le discussioni oziose sulle provviste? Al momento, credo, tu non ami queste donne e loro non amano te: tu pensi che siano una spesa per te e loro vedono che tu le senti come un peso. Il pericolo, in questo stato di cose, è che l’antipatia cresca e la gratitudine di un tempo si affievolisca; ma se eserciterai la tua autorità e le farai lavorare, le amerai, quando scoprirai che ti sono utili, e loro ti saranno affezionate, quando sentiranno che sei contento di loro. Sia tu che loro ricorderete volentieri le gentilezze passate e rafforzerete il sentimento di gratitudine che esse suscitano; così vi sarà più affetto e armonia famigliare. Certo, se dovessero fare qualche lavoro disdicevole, la morte sarebbe un destino migliore per loro. Ma in realtà il lavoro che sanno fare è, a quanto pare, quello considerato più onorevole e più adatto a una donna; e il lavoro che si padroneggia è sempre fatto con la massima facilità, velocità, orgoglio e piacere. Perciò non esitare a proporre loro un lavoro che possa fruttare sia a te che a loro, e probabilmente accoglieranno la tua proposta.”

“Bene, bene”, disse Aristarco, “il tuo consiglio mi sembra così buono, Socrate, che credo che ora mi convincerò a prendere in prestito un capitale per iniziare. Finora non ho avuto alcuna inclinazione a farlo, sapendo che una volta speso il prestito non avrei avuto i mezzi per ripagarlo.”

 

Senofonte, Memorabili, Libro II, 7, 1-11. Traduzione di Antonio Vigilante. Licenza CC BY-SA 4.0 International.