Il demone socratico

[Socrate]

 

Tra gli aspetti più singolari e misteriosi della complessa personalità di Socrate c’è il demone. Il filosofo dichiarava di avere una voce interiore, che considerava di origine divina, che gli indicava di volta in volta cosa non fare. Nella Apologia di Socrate di Platone il filosofo spiega in questo modo la sua ritrosia a ricoprire cariche politiche, pur impegnandosi quotidianamente in una attività filosofica di cui rivendicava il carattere politico:

Forse potrebbe sembrare che sia assurdo il fatto che io, in privato, consigli queste cose, andandomene attorno, e che mi dia tanto da fare, e che, invece, in pubblico non osi, salendo sulla tribuna per parlare alla folla, dare consigli alla Città per quello che è il vostro interesse. La causa di questo fatto è quello che mi avete sentito dire molte volte e in vario modo, ossia che in me si manifesta qualcosa di divino e di demoniaco, quello che anche Meleto, facendo beffe, ha scritto nell’atto di accusa. Questo che si manifesta in me fin da fanciullo è come una voce che, allorché si manifesta, mi dissuade sempre dal fare quello che sono sul punto di fare, e invece non mi incita mai a fare qualcosa. E appunto questo che mi distoglie dall’occuparmi di affari politici. E mi pare che faccia molto bene a distogliermi. Infatti, voi sapete bene, o cittadini ateniesi, che se io da tempo avessi intrapreso la carriera politica, da tempo sarei morto, e non sarei stato di giovamento a voi e neppure a me. [31 C-31 E; Platone 1992, p.37).

Una simile voce di origine divina doveva sconcertare anche i contemporanei se, come ricorda lo stesso Socrate, questo demone non è estraneo alle accuse mosse contro di lui; e non si può fare a meno di notare che una simile voce, che secondo questo passo aveva la funzione di tenerlo lontano dai pericoli, non è realmente riuscita a evitargli la morte. Anche se nel passo citato non si può escludere che il male che la voce è riuscita ad evitare non sia la morte, ma il non poter essere più di giovamento agli ateniesi, come conseguenza della morte.

Come interpretare una simile voce interiore? È naturalmente possibile dare interpretazioni psicologiche, ipotizzando perfino qualche disturbo, così come non si può escludere che fosse una finzione, una figura introdotta in modo ironico. Per quanto possa sconcertare sul piano psicologico, però, una simile voce si inserisce perfettamente nella concezione socratica dei rapporti tra gli dèi e gli esseri umani. Il principale argomento di Socrate in favore dell’esistenza degli dèi, come appare dai Memorabili di Senofonte (Libro I, 4, 8-19), è che gli dèi si prendono cura degli esseri umani. Aristodemo, scettico, afferma: “Ci crederò [agli dèi] quando manderanno dei consiglieri, come tu dici che fanno con te, dicendo: ‘Fai questo, evita quello’”. In quel “come tu dici che fanno con te” c’è un’allusione evidente al demone socratico. Ora, la risposta di Socrate è che in effetti gli dèi fanno la stessa cosa, attraverso gli oracoli. Il demone socratico non è dunque nulla di eccezionale: rientra nella cura che gli dèi hanno degli umani. Di eccezionale c’è solo il suo carattere individuale, il fatto che la voce divina gli parli direttamente, come se riservasse a Socrate un oracolo speciale.

Riferimenti bibliografici

Platone, Tutti gli scritti, a cura di Giovanni Reale, Rusconi, Milano 1992 (terza edizione).

 

Testo di Antonio Vigilante. Licenza CC BY-SA 4.0 International.