Contro il destino

[Mozi]

In questo testo vediamo all’opera i criteri di Mozi per distinguere le dottrine. La dottrina del dato è falsa perché non è confermata né sensi della moltitudine né dall’azione dei re-saggi e può essere un facile alibi per giustificare le proprie mancanze (criterio utilitaristico).

 

Tra i gentiluomini (shi) di oggi alcuni pensano che ci sia il destino, altri che non ci sia. Se sono in grado di giudicare se c'è o meno il destino è grazie alla testimonianza dei sensi della moltitudine. Se alcuni l'hanno sentito e altri l'hanno visto, dirò che c'è un destino. Se nessuno l'ha sentito, se nessuno l'ha visto, dirò che non c'è destino. Perché allora non indagare sulla testimonianza dei sensi del popolo? Dall'antichità a oggi, dall'inizio dell'uomo, qualcuno ha visto una cosa come il destino o ha sentito il suono del destino? Certo, non c'è. Se la gente comune è considerata stupida e i suoi sensi di udito e vista inaffidabili, allora perché non indagare sulle dichiarazioni registrate dei signori feudali? Ma dall'antichità a oggi, dall'inizio dell'uomo, qualcuno di loro ha mai sentito il suono del destino o ha mai visto una cosa come il destino? Certo, nessuno di loro l'ha fatto. Ancora, perché non indagare sulle azioni dei re-saggi? Gli antichi re promuovevano i figli filiali e li incoraggiavano a continuare a servire i genitori, rispettavano i virtuosi e i gentili e li incoraggiavano a continuare a fare il bene. Pubblicavano i loro ordini per istruire (il popolo) e rendevano giusti premi e punizioni per incoraggiare (il bene) e ostacolare (il male). In questo modo la confusione poteva essere ridotta all'ordine e il pericolo poteva essere convertito in pace. Se qualcuno dubita di questo, ricordiamo: Nell'antichità la confusione di Jie fu ridotta all'ordine dai Tang e quella di Zhou dal re Wu. Ora, i tempi non cambiarono e il popolo non cambiò. Tuttavia, quando il superiore cambiava regime, i subordinati modificavano la loro condotta. Sotto Tang e Wu la condotta era ordinata, ma sotto Jie e Zhou era disordinata. Quindi pace e pericolo, ordine e disordine, tutto dipende dal governo del superiore. Come si può dire che tutto è secondo il destino? Quindi, le affermazioni sull'esistenza del destino sono del tutto false.

I fatalisti ci dicono: "Questa dottrina non è stata inventata da noi in quest'ultima generazione. Tale dottrina è apparsa ed è stata tramandata fin dalle Tre Dinastie. Perché, signore, ora vi opponete ad essa?". (In risposta) Mozi chiese: “È dai saggi e dagli uomini buoni delle Tre Dinastie o dai malvagi e dai viziosi delle Tre Dinastie che è venuta la dottrina fatalista? Come possiamo scoprirlo? All'inizio i segretari e i ministri erano attenti nel parlare e intelligenti nel comportarsi. Erano in grado di persuadere il loro sovrano in alto e di istruire il popolo in basso. In questo modo ottenevano una ricompensa dal loro sovrano e un applauso dal popolo. La fama di quei segretari e ministri è arrivata fino ai giorni nostri. Il mondo intero dice: ‘Questo è il risultato di un impegno’. E non dirà mai: ‘In ciò vedo l’azione del destino lì’. D'altra parte, i re malvagi delle Tre Dinastie non controllavano la brama delle orecchie e degli occhi e non frenavano le passioni del cuore. Quando uscivano si dedicavano alle corse, alla caccia e alle trappole. Quando stavano in casa, si crogiolavano nel vino e nella musica. Non si occupavano del governo del Paese e del popolo, ma facevano molte cose inutili. Opprimevano il popolo, facendo sì che i subordinati non amassero i loro superiori. Così il Paese divenne vuoto e senza futuro, ed essi stessi si trovarono nella punizione e nel disastro. Ma non vollero confessare e dire: ‘Sono stupido, insolente e povero nell'amministrare il governo’. Ma dicevano: ‘Il mio destino non è altro che quello di morire’. Anche i miserabili delle Tre Dinastie erano così. All'interno non riuscivano a servire bene i loro genitori, all'esterno non riuscivano a servire bene il loro sovrano. Non amavano la cortesia e la frugalità, ma amavano la licenza e l'agio. Si abbandonavano al bere e al mangiare ed erano pigri. I mezzi di sostentamento e di vestiario divennero insufficienti e si misero in pericolo di fame e di freddo. Non confessavano: ‘Sono stupido e insolente e non sono stato diligente nel lavoro’. Ma dicevano: ‘È il mio destino essere povero’. Così erano anche i miserabili delle Tre Dinastie.”

Mozi, 36.2-4. Traduzione da: The ethical and political works of Motse, translated by W. P. Mei, Probsthain, London 1929. Versione italiana a cura di Antonio Vigilante, sulla base anche del testo cinese pubblicato nel Chinese Text Project (https://ctext.org/mozi). Licenza CC BY-SA 4.0 International.