Contro il destino
Tra i gentiluomini (shi
I fatalisti ci dicono: "Questa dottrina non è stata inventata da noi in quest'ultima generazione. Tale dottrina è apparsa ed è stata tramandata fin dalle Tre Dinastie. Perché, signore, ora vi opponete ad essa?". (In risposta) Mozi chiese: “È dai saggi e dagli uomini buoni delle Tre Dinastie o dai malvagi e dai viziosi delle Tre Dinastie che è venuta la dottrina fatalista? Come possiamo scoprirlo? All'inizio i segretari e i ministri erano attenti nel parlare e intelligenti nel comportarsi. Erano in grado di persuadere il loro sovrano in alto e di istruire il popolo in basso. In questo modo ottenevano una ricompensa dal loro sovrano e un applauso dal popolo. La fama di quei segretari e ministri è arrivata fino ai giorni nostri. Il mondo intero dice: ‘Questo è il risultato di un impegno’. E non dirà mai: ‘In ciò vedo l’azione del destino lì’. D'altra parte, i re malvagi delle Tre Dinastie non controllavano la brama delle orecchie e degli occhi e non frenavano le passioni del cuore. Quando uscivano si dedicavano alle corse, alla caccia e alle trappole. Quando stavano in casa, si crogiolavano nel vino e nella musica. Non si occupavano del governo del Paese e del popolo, ma facevano molte cose inutili. Opprimevano il popolo, facendo sì che i subordinati non amassero i loro superiori. Così il Paese divenne vuoto e senza futuro, ed essi stessi si trovarono nella punizione e nel disastro. Ma non vollero confessare e dire: ‘Sono stupido, insolente e povero nell'amministrare il governo’. Ma dicevano: ‘Il mio destino non è altro che quello di morire’. Anche i miserabili delle Tre Dinastie erano così. All'interno non riuscivano a servire bene i loro genitori, all'esterno non riuscivano a servire bene il loro sovrano. Non amavano la cortesia e la frugalità, ma amavano la licenza e l'agio. Si abbandonavano al bere e al mangiare ed erano pigri. I mezzi di sostentamento e di vestiario divennero insufficienti e si misero in pericolo di fame e di freddo. Non confessavano: ‘Sono stupido e insolente e non sono stato diligente nel lavoro’. Ma dicevano: ‘È il mio destino essere povero’. Così erano anche i miserabili delle Tre Dinastie.”
Mozi, 36.2-4. Traduzione da: The ethical and political works of Motse, translated by W. P. Mei, Probsthain, London 1929. Versione italiana a cura di Antonio Vigilante, sulla base anche del testo cinese pubblicato nel Chinese Text Project (https://ctext.org/mozi